Questo intervento è tratto dalla prefazione al libro "La nuova stagione" (Rizzoli), in cui e' pubblicato il discorso pronunciato a Torino il 27 giugno scorso per annunciare la candidatura alla leadership del Partito Democratico.
di WALTER VELTRONI
L'Italia ha bisogno di un partito che si proponga di dare cultura di governo al bipolarismo italiano. Se le parole hanno un senso, questo significa che il Partito democratico nasce per superare l'idea che quel che conta è vincere le elezioni. Ovvero battere lo schieramento avversario mettendo in campo la coalizione più ampia possibile, a prescindere dalla sua coerenza interna e dalla sua effettiva capacità di governare il Paese. Il Partito democratico nasce per affermare un'idea diversa e nuova: quel che conta è governare bene, sulla base di un programma realistico e serio. E lo schieramento che si mette in campo deve essere coerente con questo obiettivo. Non si tratta solo di un ribaltamento dello schema tattico che ha dominato il bipolarismo italiano in questa lunga transizione. Si tratta di una rivoluzione culturale e morale. Si tratta di restituire moralità alla politica. Si potrebbe dire che si tratta di affermare una visione "antimachiavellica" della politica stessa: scopo della politica non è organizzare la forza necessaria alla conquista e alla conservazione del potere. Questo è semmai un vincolo strumentale, che non può e non deve essere trascurato. Ma il fine della politica deve essere un altro: deve essere il perseguimento dell'interesse del Paese, attraverso la costruzione del necessario consenso attorno a un programma di governo. È precisamente questo che intendiamo, quando diciamo che il Partito democratico è un partito "a vocazione maggioritaria": un partito che punta non a rappresentare questa o quella componente identitaria o sociale, per quanto ampia possa essere, ma a porsi l'obiettivo di carattere generale di conquistare nel Paese i consensi necessari a portare avanti un programma di governo, incisivamente riformatore. Non per questo, un partito a vocazione maggioritaria, quale il Pd deve essere, è una forza che si pensa come autosufficiente: al contrario, è un partito che intende valorizzare l'alleanza di centrosinistra. E intende farlo sulla base del principio fondamentale della democrazia dell'alternanza, per il quale le alleanze di governo si fanno e si disfano davanti agli elettori, prima del voto. Ma il Pd nasce per riordinare, nel bipolarismo, la gerarchia dei valori tra la coalizione e il programma: è il programma comune, un programma di governo e non genericamente elettorale, che fonda la coalizione, non viceversa: non si può giustificare la vaghezza o l'ambiguità del programma, in nome del feticcio dell'unità della coalizione. Sarebbe come considerare la parte più importante del tutto, il partito (o la coalizione) più importante del Paese.
Del resto, in nessuna grande democrazia europea sarebbe immaginabile presentarsi agli elettori con una coalizione priva dei requisiti minimi di coesione interna, tali da rendere credibile la sua proposta di governo: un'operazione politico-elettorale siffatta non avrebbe alcuna possibilità di vittoria, perché sarebbe inesorabilmente bocciata dagli elettori. In Gran Bretagna come in Spagna, in Germania come in Francia, i partiti che intendono candidarsi a governare non possono dar adito ad alcun dubbio circa la loro affidabilità. Memorabile è la lezione di moralità politica di Jacques Delors, che preferì rinunciare alla candidatura alle presidenziali del 1995, perché non avrebbe potuto dar vita, alle successive elezioni legislative, a una maggioranza parlamentare coerente. Quasi quindici anni di bipolarismo immaturo hanno ormai reso assai sensibile anche l'elettorato italiano su questo punto: non solo per propria scelta dunque, ma anche per una precisa esigenza di sintonia con il Paese, qualunque sarà il sistema elettorale che avremo in futuro, il Pd non potrà presentarsi alle elezioni all'interno di coalizioni disomogenee sul piano programmatico. Piuttosto, dovrà accettare il rischio, o sperimentare l'opportunità, di correre da solo. Il Partito democratico nasce anche per rompere una falsa alternativa: quella tra governabilità e democrazia. Come non ha senso considerare la sfida del governo come un limite alla partecipazione democratica, allo stesso modo è un errore pensare di poter affrontare le resistenze che si oppongono alle riforme riducendo, anziché allargando, gli spazi di esercizio della cittadinanza. Il Pd al quale penso è un partito che intende mettere al servizio di un incisivo programma riformatore tutta la forza della partecipazione democratica, la mobilitazione delle energie intellettuali e morali, civili e politiche, delle quali dispone una società viva come quella italiana. Non c'è altra strada per fare le riforme: non si può immaginare di dare alla politica la forza necessaria a far prevalere gli interessi generali sulla tirannia di quelli particolari, corporativi, microsettoriali, senza conferirle una nuova legittimazione democratica. Per questo il Partito democratico dovrà essere un partito davvero nuovo. Perché dovrà pensarsi non più come un bene privato, di proprietà della comunità chiusa, per quanto larga possa essere, dei suoi fondatori, dei suoi dirigenti, dei suoi militanti. Ma al contrario come una istituzione civile, che svolge una funzione pubblica e che come tale appartiene a tutti i cittadini che intendono abitarlo. Questo è del resto il modo di intendere i partiti proprio delle grandi democrazie: le quali, non a caso, dispongono di pochi, grandi partiti politici, il ciclo di vita dei quali si misura in svariati decenni, quando non in secoli. Uno dei sintomi più preoccupanti della grave malattia che affligge la democrazia italiana è invece proprio la proliferazione di tanti, piccoli ed effimeri soggetti politici, che è perfino improprio definire partiti, almeno nel senso europeo (per non dire nordamericano) del termine, e che per la loro spiccata vocazione oligarchica, quando non familistica, è ancor più difficile descrivere come democratici. Il Partito democratico nasce per segnare una discontinuità profonda con questo stato di cose. Non a caso si è deciso di fondare il partito nuovo, non sulla base del semplice mandato dei partiti preesistenti e neppure a partire da un appello di uno o più leader, bensì attraverso un vero e proprio "big-bang" democratico: l'elezione di un'assemblea costituente e di un segretario da parte di tutti i cittadini che si dichiarano interessati a contribuire a questa straordinaria impresa collettiva. Di conseguenza, il prossimo 14 ottobre, giorno stabilito per le elezioni costituenti, nascerà un partito che non sarà di proprietà privata di qualcuno, ma si proporrà come un'istituzione della democrazia italiana, a disposizione di tutti i cittadini che, riconoscendosi nei suoi orientamenti di fondo, vogliano utilizzarlo "per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale", come recita l'articolo 49 della Costituzione. Il codice genetico col quale nasce il Pd determina necessarie coerenze rispetto allo sviluppo della sua forma-partito, del suo modello politico-organizzativo. Innanzi tutto, il "big-bang" democratico non potrà restare un unicum irripetibile, ma dovrà diventare la regola generale con la quale saranno prese le decisioni più importanti, a cominciare da quelle che riguardano la selezione della leadership, a tutti i livelli, e più in generale delle candidature, in modo da garantirne la effettiva contendibilità. In secondo luogo, e in coerenza con la natura di partito "a vocazione maggioritaria", a regime la leadership di partito dovrà coincidere con la premiership, o con la candidatura a premier, come avviene in tutte le grandi democrazie europee. Terza, necessaria coerenza, il Pd dovrà essere un partito federale, in grado di dare espressione alla diversità delle realtà territoriali: non ci dovranno essere sezioni "periferiche" di un partito centralizzato, ma una rete di partiti territoriali federati, profondamente radicati nelle società locali, anche se culturalmente aperti a una prospettiva nazionale, europea e globale. Infine, le modalità di associazione e di militanza dovranno essere le più varie e flessibili, secondo un modello a rete, che valorizzi le sezioni territoriali come i circoli di ambiente, le associazioni culturali come le forme più innovative di contatto telematico: è anche in questo modo che il Partito democratico potrà contribuire a portare all'impegno e all'assunzione di responsabilità politiche più donne e più giovani.
Del resto, in nessuna grande democrazia europea sarebbe immaginabile presentarsi agli elettori con una coalizione priva dei requisiti minimi di coesione interna, tali da rendere credibile la sua proposta di governo: un'operazione politico-elettorale siffatta non avrebbe alcuna possibilità di vittoria, perché sarebbe inesorabilmente bocciata dagli elettori. In Gran Bretagna come in Spagna, in Germania come in Francia, i partiti che intendono candidarsi a governare non possono dar adito ad alcun dubbio circa la loro affidabilità. Memorabile è la lezione di moralità politica di Jacques Delors, che preferì rinunciare alla candidatura alle presidenziali del 1995, perché non avrebbe potuto dar vita, alle successive elezioni legislative, a una maggioranza parlamentare coerente. Quasi quindici anni di bipolarismo immaturo hanno ormai reso assai sensibile anche l'elettorato italiano su questo punto: non solo per propria scelta dunque, ma anche per una precisa esigenza di sintonia con il Paese, qualunque sarà il sistema elettorale che avremo in futuro, il Pd non potrà presentarsi alle elezioni all'interno di coalizioni disomogenee sul piano programmatico. Piuttosto, dovrà accettare il rischio, o sperimentare l'opportunità, di correre da solo. Il Partito democratico nasce anche per rompere una falsa alternativa: quella tra governabilità e democrazia. Come non ha senso considerare la sfida del governo come un limite alla partecipazione democratica, allo stesso modo è un errore pensare di poter affrontare le resistenze che si oppongono alle riforme riducendo, anziché allargando, gli spazi di esercizio della cittadinanza. Il Pd al quale penso è un partito che intende mettere al servizio di un incisivo programma riformatore tutta la forza della partecipazione democratica, la mobilitazione delle energie intellettuali e morali, civili e politiche, delle quali dispone una società viva come quella italiana. Non c'è altra strada per fare le riforme: non si può immaginare di dare alla politica la forza necessaria a far prevalere gli interessi generali sulla tirannia di quelli particolari, corporativi, microsettoriali, senza conferirle una nuova legittimazione democratica. Per questo il Partito democratico dovrà essere un partito davvero nuovo. Perché dovrà pensarsi non più come un bene privato, di proprietà della comunità chiusa, per quanto larga possa essere, dei suoi fondatori, dei suoi dirigenti, dei suoi militanti. Ma al contrario come una istituzione civile, che svolge una funzione pubblica e che come tale appartiene a tutti i cittadini che intendono abitarlo. Questo è del resto il modo di intendere i partiti proprio delle grandi democrazie: le quali, non a caso, dispongono di pochi, grandi partiti politici, il ciclo di vita dei quali si misura in svariati decenni, quando non in secoli. Uno dei sintomi più preoccupanti della grave malattia che affligge la democrazia italiana è invece proprio la proliferazione di tanti, piccoli ed effimeri soggetti politici, che è perfino improprio definire partiti, almeno nel senso europeo (per non dire nordamericano) del termine, e che per la loro spiccata vocazione oligarchica, quando non familistica, è ancor più difficile descrivere come democratici. Il Partito democratico nasce per segnare una discontinuità profonda con questo stato di cose. Non a caso si è deciso di fondare il partito nuovo, non sulla base del semplice mandato dei partiti preesistenti e neppure a partire da un appello di uno o più leader, bensì attraverso un vero e proprio "big-bang" democratico: l'elezione di un'assemblea costituente e di un segretario da parte di tutti i cittadini che si dichiarano interessati a contribuire a questa straordinaria impresa collettiva. Di conseguenza, il prossimo 14 ottobre, giorno stabilito per le elezioni costituenti, nascerà un partito che non sarà di proprietà privata di qualcuno, ma si proporrà come un'istituzione della democrazia italiana, a disposizione di tutti i cittadini che, riconoscendosi nei suoi orientamenti di fondo, vogliano utilizzarlo "per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale", come recita l'articolo 49 della Costituzione. Il codice genetico col quale nasce il Pd determina necessarie coerenze rispetto allo sviluppo della sua forma-partito, del suo modello politico-organizzativo. Innanzi tutto, il "big-bang" democratico non potrà restare un unicum irripetibile, ma dovrà diventare la regola generale con la quale saranno prese le decisioni più importanti, a cominciare da quelle che riguardano la selezione della leadership, a tutti i livelli, e più in generale delle candidature, in modo da garantirne la effettiva contendibilità. In secondo luogo, e in coerenza con la natura di partito "a vocazione maggioritaria", a regime la leadership di partito dovrà coincidere con la premiership, o con la candidatura a premier, come avviene in tutte le grandi democrazie europee. Terza, necessaria coerenza, il Pd dovrà essere un partito federale, in grado di dare espressione alla diversità delle realtà territoriali: non ci dovranno essere sezioni "periferiche" di un partito centralizzato, ma una rete di partiti territoriali federati, profondamente radicati nelle società locali, anche se culturalmente aperti a una prospettiva nazionale, europea e globale. Infine, le modalità di associazione e di militanza dovranno essere le più varie e flessibili, secondo un modello a rete, che valorizzi le sezioni territoriali come i circoli di ambiente, le associazioni culturali come le forme più innovative di contatto telematico: è anche in questo modo che il Partito democratico potrà contribuire a portare all'impegno e all'assunzione di responsabilità politiche più donne e più giovani.
11 commenti:
cari compagni di fucecchio
proprio a proposito di "blog e dibattito politico", lancio un appello.
Mi preme segnalarVi un blog "extraparlamentare" ma indipendente (di Milano), in cui la sinistra di governo e il progetto PD vengono quotidianamente "fatti neri" in maniera più che impietosa; lo frequentano blogger trentenni "duri e puri" di buon livello, anarcoidi, laicisti e gauchistes raffinati, spasimanti di grillo/travaglio/stella/serra... avete capito il genere, no?
E' un blog comunque ben fatto e molto stimolante intellettualmente, in grado quindi di essere frequentemente commentato ed aggiornato.
Ebbene serve aiuto, chiamate la Croce Rossa! ...poichè uno o due giovani militanti ds, "volonterosi" come un ragazzo della Via Paal, ci lasciano le penne virtuali ogni giorno nel tentativo di arginare la marea di populismo disfattista e sfascista che colà regna e si diffonde nel web a piene mani, occorre fare qualcosa!
Hanno infatti un ottimo ascolto, circa 7/8.000 contatti al giorno, quanto una piazza gremita di una grande città, e sono sistematicamente monitorati dalla grande stampa...
Se qualcuno di smaliziato avesse voglia di incrociare le spade, non c'è miglior palestra, credetemi! ...è come un perenne tiro a segno con le facce di Fassino, Bindi, Prodi, D'Alema, Veltroni.
Io, e voi sicuramente siete d'accordo con me, non credo proprio che i "nostri", nel bene e nel male, meritino - proprio in questo preciso momento - di subire un così spietato "massacro webmediatico": critica anche dura sì, ma non così irridente, direi...
Il candidato outsider Mario Adinolfi, che li conosce bene, ci ha provato più volte ultimamente, ma lo hanno sempre preso a "sassate"...!
Ci state quindi a darmi una mano e a "transitare" di lì una mezz'oretta al giorno "per la causa"??? ...e/o spargere la voce che serve manforte???
Confido di sì, e suggerirei, per sicurezza e privacy politica, di usare, nel caso, un nick-name apposito, non si sa mai.
George, un diessino modenese...
NB: il sito in oggetto è perlappunto: www.onemoreblog.it, da cui riporto il seguente post,che mi pare significativo sul tema pd e s.d. (sinistrademocratica-unita?):
«Il cammino verso il PD sarà difficile, ma è già in corso, eccome! Certamente fondamentale è la sua creazione, sia per il "ricambio" di uomini e di idee che induce (parziale finchè si vuole, ma indubitabile), sia per contrapporrsi "frontalmente" a forzitalia... finalmente !!!
Non più una coalizione frantumata/frantumabile di una dozzina e oltre di pezzi/frammenti, debole e di bassissimo profilo come oggi, ma una "massa-critica", un partito LAICO , RIFORMISTA, PROGRESSISTA di analogo calibro di FI (30% circa), che avra' OBBLIGATORIAMENTE al suo fianco, saldanente, una-sinistra-democratica-unita, non-intimidita/ricattabile (per arrivare a governare al 51% e oltre...)
Solo così si potrà FINALMENTE lasciare a casa "Castella e Masini", veri disastri, i Bibì & Bibò della politica italiana "collaterale" alla chiesa!
Detta così, sembra un poco più chiara e accettabile, se non condividibile, per tutti.
Io credo di sì, a me non pare proprio una cattiva idea, anzi. »
Post n°20 - tex - Giovedì 23 Agosto 2007 alle 19:03
...per capire se il mio appello è stato recepito, se siete d'accordo o meno, cosa ne pensate insomma, e visto che avete un altro prestigioso blog su lanuovastagione dove non voglio "disturbare"(a proposito, COMPLIMENTI vivissimi, vi siete sul serio meritati la citazione, anche se "confindustriale", bravi) mi potete gentilmente lasciare qui un messaggio, anche solo sì/no?
grazie e... arrivederci alla Festa Nazionale di Bologna!
"George", dei ragazzi della Via Paal...
Ho dato un'occhiata rapida al sito che mi hai segnalato e l'ho trovato abbastanza equilibrato, insomma non di parte.
Credo comunque che lo visiterò per scrivere qualche commento a nostro favore...
Sono e resto dell'idea che sia necessario andare avanti senza prestare molta attenzione a ciò che gli "altri" dicono. Noi crediamo fortemente in questo nuovo progetto chiamato PD. Non voltiamoci TROPPE volte, non guardiamoci TROPPO intorno come un corridore in fuga, ma tiriamo dritto fino al traguardo. A testa bassa, cercando il confronto ma nello stesso tempo sicuri delle nostre idee pronti, come sta facendo oggi Prodi, anche a prenderci una sassata di fischi!
Ti saluto e ti ringrazio TANTO per averci scritto aspettandoti in occasione dei prossimi post e magari scrivendone uno a due mani su www.onemoreblog.it
Sarò sicuramente a Bologna alla Festa de L'Unità il 30 per Cerami e il 2 per Veltroni.
Ci vediamo alla Festa!
...grazie, compagni!
non pui sapere quanta soddisfazione mi abbia regalato il vedere che il mio appello era stato raccolto, e non solo:
sembra quasi che ci siamo "pensati", io e te/voi...!
totalmente in sintonia sul vs. post "tutti schierati in curva", corredato del prezioso articolo di Ilvo Diamanti; li sto facendo circolare sul web più che posso, altro che "troll", perbacco!
colgo l'occasione per 2 note:
- farò il possibile per potervi incontrare a Bo il 30 p.v. (Cerami) per conoscerci meglio (a questo scopo le coordinate sono "lo stand di PiazzaGrande", chiaro?);
- ho un paio di idee sul tema "blogosfera e pd" che vorrei condividere con voi.
a risentirci asap, un abbraccio,
"George", dei ragazzi della Via Paal...
PS: hai scritto "...ho dato un'occhiata rapida al sito che mi hai segnalato e l'ho trovato abbastanza equilibrato, insomma non di parte."---> mi dispiace, ma non concordo; non è così, specialmente oggi, dopo l'incredibile e biliosa "sparata" di De Rita sul corriere... ti basteranno 5 minuti per renderti conto della realtà! cmq, ok sul tuo consiglio di "non prestare molta attenzione a ciò che gli altri dicono", ma francamente sembra un maremoto!
Va bene come ritrovo Piazza Grande (cercherò lo stand perchè non so dov'è). Credo che arriverò (non so se altre persone del comitato decideranno di venire) a Bologna il 30 mattina.
Teniamoci in contatto sul blog, comunque.
Ciao Sandro
messaggio ricevuto, Sandro:
ci sarò nel tardo pom. e alla sera, a cena...
"George", dei ragazzi della Via Paal
Quanti del comitato di Fucecchio saranno a Bologna questo fine settimana, sarebbe bello non disperdersi ma ritrovarsi anche li...fatemi sapere io sarò allo stand della "Rota di Montespertoli"
fatemi sapere
Io (Sandro) ci sarò sicuramente. Credo che in totale dovremmo essere soltanto due perchè sono pochi gli studenti del comitato; gli altri devono LAVORARE!
Voi in quanti siete, e dov'è di preciso lo stand della Rota di Montespertoli?
Allo Rota questo fine settimana dovremmo essere all'incirca una decina,siamo allo stand 107.se vuoi ti lascio la mia e-mail così possiamo fissare un appuntamento con maggiore precisione.
ah george mi hai tirato una buca colossale. Sono passato allo stand piazza grande alle 16 e 30 e alle 17 e 30 ma non c'era nessuno!
Io c'ero a vedere Cerami ma te dove stavi? Per la prossima (il 2 Veltroni, che casino ci sarà, tra l'altro!) fissiamo con più precisione.
Ciao Sandro
Sandro, scusami tanto, ma non potevo certo immaginare che te ne saresti andato di pomeriggio...! oltretutto senza profittare di sentire il ministro Amato, alle 21, e sul problema "lavavetri"! Io arrivai alle 19,10, e lasciai la fiera alle 23,30...
NON L'AVEVI DETTO (che te ne saresti andato dalla Festa nel pomeriggio), altrimenti ne avrei tenuto conto! Ora sai dov'è lo stand, dimmi solo in che intervallo di orario - domani - lo devo presidiare, ok?
" George" (c/o quel dato stand sono conosciuto come "il fratello dell'Assunta")
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