giovedì 23 agosto 2007

TRE CONSIGLI PER UN MILIONE

di Stefano Ceccanti

A distanza di due anni dalle primarie dell’Unione del 2005 e a poche settimane dal 14 ottobre, possiamo tentare di cogliere le differenze di questi due passaggi chiave del centrosinistra italiano. La giornata del 2005 è incomparabile dal punto di vista quantitativo e non solo perché si rivolgeva alla platea più ampia di tutti gli elettori dell’Unione. Le motivazioni di voto furono allora eterogenee: c’erano quelle contrarie al governo Berlusconi e in particolare anche alla nuova legge elettorale appena approvata, ma c’erano anche quelle positive, che puntavano a stabilizzare una coalizione eterogenea rafforzando la persona di Romano Prodi. C’era infine il metodo nuovo, una breccia preziosa nella logica con cui i partiti avevano gelosamente preso le decisioni più importanti fino ad allora al proprio interno o con patti di vertice.
Il Pd, che oggi possiamo considerare già al governo, non può, anche per questa sua collocazione, sperare che funzionino ancora motivazioni negative, anti-Berlusconi. Nasce però allargando quella breccia aperta allora e per sostituire la garanzia data in quel caso dalla persona di Romano Prodi con una più solida, con un partito chiamato a supportare stabilmente il centrosinistra con una moderna cultura di governo. Chiarita questa cornice di forti differenze e di alcune continuità col 2005, che rende, come hanno sottolineato vari osservatori, il milione di votanti il parametro più corretto per il successo del 14 ottobre, non spetta certo a me dare suggerimenti molto dettagliati e pratico-organizzativi. Fra l’altro il sito www.partitodemocratico.it pubblica già molto materiale ben fatto e socializzabile. Mi limito pertanto a tre sottolineature.
La prima, che occorre trasmettere meglio l’idea che non si chiede a nessuno di inquadrarsi rigidamente, militarmente, come nei vecchi partiti ideologici. Il 14 ottobre si dà il massimo di democrazia governante (elezione diretta di segretari e assemblee costituenti) a tutti coloro che, dai sedici anni in su, se la sentono di aderire a un testo costituente e che si riservano poi di valutarne in libertà gli esiti successivi. Questo lo chiarisce già il regolamento, ma deve essere veicolato con chiarezza: massimo di libertà e massimo di efficacia diretta della partecipazione.
Secondo: proprio perché il processo costituente è aperto, nei limiti della condivisione dei principi e dei valori di un moderno centrosinistra, non ci possono essere tabù su nessuna opzione programmatica e organizzativa né, nel contempo, ci possono essere persone che ricorrono a demonizzazioni delle opinioni altrui o a perentori richiami all’ordine. Sulle proposte si ha l’onere di cercare il consenso più ampio in positivo, nello stile di condivisione di chi ha deciso di militare non solo in una stessa coalizione, ma anche in un medesimo partito. Nessuno è proprietario o custode, tutti devono sentirsi in competizione senza rete.
Questa osservazione si lega anche a un terzo aspetto, quello della natura federale del partito, che sarà affermata il 14 ottobre dall’elezione dei segretari regionali e da quella delle assemblee costituenti regionali, queste ultime all’interno dei 475 collegi della legge Mattarella, utilizzati anche per l’Assemblea nazionale. Come ha già rilevato Miriam Mafai è più facile che la correttezza tra i candidati si affermi tra quelli alla carica di segretario nazionale (che debbono comunque dare l’esempio) perché essi sono maggiormente sotto i riflettori e una eccessiva litigiosità farebbe dubitare della loro consistenza programmatica. Quando invece ci si avvicina maggiormente alla base, e la visibilità complessiva è quindi minore, il rischio di colpi bassi cresce a dismisura.
Se queste dinamiche non sono attentamente dominate, la partecipazione può calare vistosamente. Infatti il potenziale elettore riceve stimoli a recarsi al seggio non solo dalla campagna nazionale, ma anche e soprattutto da chi localmente rappresenta le varie opzioni. Solo in questo momento occupano l’intera scena i candidati a segretario nazionale, ma da qui a un mese oltre ai candidati segretari regionali entreranno in competizione non meno di trentamila persone per ricoprire le cariche di costituente nazionale o regionale. Se esse daranno, nel legittimo pluralismo, l’impressione di poter cooperare dentro il medesimo processo costituente ciò costituirà un grandissimo moltiplicatore di partecipazione. In caso contrario, se dovessero riprodurre una litigiosità simile al sistema politico nel suo complesso, o anche solo alla nostra coalizione, si determinerebbe una grave incomunicabilità e ben pochi sarebbero coinvolgibili al di là di amici e parenti stretti dei candidati.
In sintesi, c’è una domanda di partecipazione che in libertà, dentro una competizione segnata da correttezza reciproca, può trovare risposta il 14 ottobre perché attraverso il Pd, sul versante del centrosinistra, quella domanda cerca da tempo uno strumento per veicolare le stesse richieste al sistema politico nel suo complesso. Dopo 15 anni di transizione i cittadini non possono più essere costretti a scegliere tra un bipolarismo litigioso nelle coalizioni e tra le coalizioni e ricorrenti tentativi di tornare a una democrazia bloccata al centro con deboli alleanze post-elettorali. Se vedranno la possibilità di aprire questa nuova breccia saranno ben più di un milione il 14 ottobre ad aprire con noi il processo costituente.
(da L'Unità, 22 agosto 2007)

Nessun commento: