giovedì 28 febbraio 2008

Walter Veltroni in Toscana per il suo "Giro dell'Italia nuova"

Il tour elettorale di Veltroni in Toscana
Il pullman verde nelle province toscane da venerdì a domenica e poi mercoledì prossimo


COMUNICATO STAMPA

Firenze, 28 febbraio 2008 - Il "Giro dell'Italia nuova" di Walter Veltroni - il tour elettorale che lo porterà a toccare tutte le 110 province italiane in vista delle elezioni politiche - da domani, venerdì 29 febbraio, a domenica 2 marzo fa tappa in Toscana. Il pullman verde del candidato premier del Partito Democratico tornerà poi anche mercoledì prossimo per la tappa di Massa.
In dettaglio, venerdì 29 febbraio alle 17,30 Veltroni sarà ad Arezzo per un'iniziativa pubblica in piazza San Francesco. Alle 21 si sposterà al Palamensana di Siena. La giornata di sabato 1 marzo inizia in piazza Dante a Grosseto alle 11. Veltroni pranzerà poi a casa di Sandra e Mirko Lami, una famiglia di Piombino - lei impiegata, lui operaio - per spostarsi alle 17.30 a Livorno per incontrare i cittadini sulla terrazza Mascagni. Alle 21 il pullman di Veltroni raggiungerà Lucca dove è prevista un'iniziativa pubblica in Piazza Napoleone.
Domenica mattina 2 marzo Veltroni arriverà nei pressi di Piazza dei Miracoli. Dopo un incontro con i cittadini nel centro di Pisa, alle 11 è previsto un comizio in piazza Carrara con Marco Filippeschi, candidato sindaco della città. Poi sarà la volta della provincia di Pistoia: alle 13.30 è in programma un pranzo popolare al Centro Congressi di Montecatini. Alle 17.30 iniziativa a Prato in piazza del Duomo. L'Iveco verde tornerà in Toscana anche mercoledì 5 marzo. Veltroni sarà a
Massa al teatro Guglielmi alle 11.

giovedì 21 febbraio 2008

IO CI SONO. DOMENICA 24 FEBBRAIO: IL GIORNO DELLE PROPOSTE

Domenica 24 febbraio i fondatori e le fondatrici del Partito Democratico potranno dire la loro sui candidati del PD alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile.
I fondatori e le fondatrici potranno fare la loro proposta presso la sede del Partito Democratico di Fucecchio, Fondazione I CARE, via 1 Settembre 43, dalle ore 10,00 alle ore 12,00.

Orari apertura della sede del Partito Democratico di Fucecchio

La sede del Partito Democratico di Fucecchio presso la Fondazione I Care via I Settembre, 43 rimarrà aperta tutti i martedì e giovedì dalle 18 alle 20. In queste occasioni verranno fornite informazioni sulla campagna elettorale e sulle iniziative svolte dal Partito Democratico di Fucecchio. Sarà inoltre comunicato il calendario dei vari Forum attivati dal Coordinamento comunale. Per informazioni 0571 844271

Nasce il Comitato "Giovani per Veltroni"

Martedì 26 febbraio alle 21,30 presso la Fondazione I Care, via I Settembre 43 a Fucecchio si terrà la presentazione del Comitato "Giovani per Veltroni". Interviene Patrizio Mecacci, segreteria regionale Pd. Tutti glie eletti under 30 e i giovani interessati sono invitati a partecipare.

domenica 17 febbraio 2008

L'intervento di Marino Lupi al 1° Congresso territoriale del Partito Democratico Empolese Valdelsa

Montespertoli 16/02/08

Mentre noi stiamo quì parlando e ci stiamo confrontando, nel nostro Paese si sta perpetrando un grave attacco alla libertà delle donne. Una campagna politica scellerata e oscurantista sta tentando di rigettare indietro di decenni la nostra società. Chiedo al nostro futuro segretario di questa assemblea territoriale di mettere fra le sue priorità l’organizzazione di iniziative politiche che si pongano al fianco delle donne, della loro legittima libertà di poter scegliere.

Permettetemi di mutuare un motto della piazza: mai più nessuno come Silvana.


Siamo a meno di 60 giorni dalle elezioni. Stiamo per scegliere il nostro rappresentante al Parlamento.

L’assemblea Comunale di Fucecchio che io quì rappresento, durante gli incontri che si sono succeduti in questi giorni per le elezioni per i segretari di sezione e per il segretario dell’unione comunale, ha elaborato un documento in cui si chiede a gran voce la più ampia partecipazione della base.

Noi siamo per le primarie o quantomeno per la più ampia consultazione della base per la scelta del nostro rappresentante. E siamo per la necessità che questa consultazione porti all’elezione di un candidato forte e rappresentativo di tutta la nostra area. Questo credo sia un nostro dovere.

Noi crediamo di poter dire che chi ha lavorato come rappresentante di questa area, abbia ben operato e che questo sia un buon punto di partenza per la discussione.


Il circondario empolese valdelsa è inserito in un area con grandi tradizioni culturali ed economiche che comportano interconnessioni fra le varie zone al di là dei confini politici del circondario stesso. Fucecchio si pone come anello di congiunzione fra il circondario ed altre aree, come per esempio, quella del cuoio con la quale abbiamo, come già detto, forti legami.

La gestione sanitari della zona, della USL 11, va oltre i confini del circondario, comprende se non erro altri 4 comuni. Abbiamo 2 Società della salute. Noi abbiamo aderito a quella empolese abbiamo sempre affermato la necessità di un'unica società della salute per tutto il territorio della USL. Insomma sono evidenti notevoli interconnssini fra zone diverse e Fucecchio ha un’importanza strategica in quanto è il crocevia di queste zone. Credo che il nostro futuro segretario debba nel suo lavoro, per il quale gli facciamo i nostri migliori auguri, debba saper considerare questi equilibri.


Marino Lupi

Giancarlo Faenzi nuovo segretario PD Empolese-Valdelsa

Sabato 16 febbraio Giancarlo Faenzi è stato eletto Coordinatore Territoriale Empolese Valdelsa con 109 favorevoli, 26 contrari, 4 schede bianche.
Al termine dell'assemblea, riunita presso il centro " I Lecci" a Montespertoli, Faenzi ha comunicato la composizione delle Segreteria Territoriale.
Questi i nomi scelti dal nuovo Coordinatore: Paolo Londi, Franco Baldini, Marco Bacchi, Sauro del Turco, Damasco Morelli, Giuseppe Torchia, Federigo Capecchi, Alessio Tavanti, Brenda Barnini, Francesca Padula, Stefania Bracali, Caterina Cappelli, Eluisa Lo Presti, Rosanna Gallerini, Silvia Melani e Diletta Rigoli, quest’ultima indicata da Faenzi come vice segretaria. Membri di diritto Donatella Allori, presidente del Coordinamento territoriale Empolese Valdelsa e Giulio Mangani, responsabile Organizzazione del Pd Empolese Valdelsa.

Inoltre, la Commissione elettorale formata da Claudio Giardini, Carlo Pasquinucci, Federigo Capecchi, Mauro Marconcini, Tamara Leoncini, Daniela Valentino, Elena Tognetti e Stefania Bracali ha individuato i rappresentanti dell’Empolese Valdelsa alla Direzione regionale. Questi i nomi:
Federico Campatelli, Giulio Mangani, Alessandro Giunti, Sauro Del Turco, Laura Cantini, Rossana Mori, Valentina Picchi e Stefania Falchi. Membri di diritto Giancarlo Faenzi, Luciana Cappelli, Diego Ciulli e Vittorio Bugli.

Il PiDdì

Il trimestrale del Partito Democratico di Fucecchio


Questo il "numero 0" del "Il PiDdì". Clicca sulle immagini per ingrandirle.

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sabato 16 febbraio 2008

Veltroni, ecco i dodici punti del programa elettorale

Ecco in sintesi, le "dodici proposte innovative per cambiare l'Italia" che il candidato premier del Pd le ha esposte alla platea dell'assemblea costituente del Pd.

Primo. Scegliere come priorità infrastrutture e qualità ambientale. No alla protesta Nimby e sì al coinvolgimento e alla consultazione dei cittadini. Sì agli impianti per produrre energia pulita, ai rigassificatori, ai termovalorizzatori e all'Alta Velocità e al completamento della Tav.

Secondo. Innovazione del Mezzogiorno. No ad una "politica per il Mezzogiorno che disperda fondi in una miriade di programmi, mentre diciamo sì ad una drastica e veloce revisione dei programmi europei.

Terzo. Controllo della spesa pubblica. Il governo Prodi ha risanato e migliorato i conti pubblici. Per questo il nostro slogan è spendere meglio, spendere meno.

Quarto. "Fare quello che non è mai stato fatto": ridurre le tasse ai contribuenti leali ai lavoratori dipendenti e autonomi. A partire dal 2009 un punto in meno di Irpef ogni anno per tre anni

Quinto. Investire sul lavoro delle donne. Noi vogliamo trasformare il capitale umano femminile in un asso per la partita dello sviluppo.

Sesto. Il problema della casa. Aumentare le case in affitto e "costruzione di circa 700 mila nuove case da mettere sul mercato a canoni compresi tra i 300 e i 500 euro".

Settimo. Invertire il trend demografico mediante l'istituzione di una dote fiscale per il figlio. 2500 euro al primo figlio e aiuti per gli asili nido.

Ottavo. L'università. Cento nuovi campus universitari e scolastici entro il 2010.

Nono. Lotta alla precarietà, qualità del lavoro e sua sicurezza. I giovani precari dovranno raggiungere il minimo di 1.000 euro mensili.

Decimo. La sicurezza. Maggiori fondi per le forze dell'ordine e certezza della pena come uno dei cardini dell'azione di governo del centrosinistra.

Undicesimo. Giustizia e legalità. Da troppi anni c'è uno scontro nel Paese. Nell'ordinamento verrà inserito il principio della non candidabilità in Parlamento dei cittadini condannati per reati gravissimi connessi alla mafia, camorra e criminalità organizzata o per corruzione o concussione.

Dodicesimo. L'innovazione. Portare la banda larga in tutta l'Italia, garantire a tutti una tv di qualità, superare il duopolio tv e correggere gli eccessi di concentrazione delle risorse economiche.


wwww.partitodemocratico.it

venerdì 15 febbraio 2008

Il discorso di Marino Lupi la sera della sua elezione come segretario del PD Fucecchio

Prima di qualsiasi altra cosa permettetemi di ringraziare, e vorrei che tutti voi lo facesse con me, due persone che più di ogni altro hanno contribuito con il loro lavoro e la loro passione a farci arrivare fin qui, e poi, con grande umiltà e disponibilità hanno voluto passare la mano. Queste due persone, vi prego ringraziamole insieme, sono Silvia Melani e Paolo Sordi.

Inoltre lasciatemi ringraziare tutte quelle persone che mi hanno votato, e che facendolo, hanno avuto fiducia in me. Voglio innanzitutto ringraziare quelle persone che hanno deciso di candidarmi a segretario del partito democratico di Fucecchio. Amici, persone che stimo, che vorrei ringraziare per questo attestato di fiducia che mi onora tantissimo.

Sono solo quattro anni che partecipo a questo gruppo. in questi anni ho cercato di portare avanti le mie idee nell’interesse del gruppo, così che quando questi amici mi hanno chiesto di dare un contributo al partito, in questo ruolo, non ho potuto che dichiararmi a disposizione.

In questi giorni mi sono domandato quale possa essere il ruolo del segretario di un partito nuovo com’è il PARTITO DEMOCRATICO, quale sistema organizzativo possa essere il più adatto a garantire, nell’immediata fase post costituente, il massimo della partecipazione anzi, della compartecipazione, il massimo del confluire nello stesso gruppo di energie nuove e di preziose esperienze passate.

Quello che ho in mente è di dare vita a un gruppo di persone che lavorino insieme con gli stessi obbiettivi. Che decidano insieme, cercando ciascuno di portare il proprio contributo, le proprie capacità, la propria esperienza o il proprio entusiasmo. Mi piacerebbe poter rappresentare il punto di sintesi fra il gruppo storico e questa nuova ventata di gioventù che è qui con noi e che rappresentano già il nostro oggi e sicuramente rappresenteranno il nostro futuro, il nostro domani.

Io conosco bene molte delle persone che sono qui. Con alcuni ho collaborato in consiglio comunale, con altri ho condiviso l’esperienza entusiasmante ma anche sicuramente impegnativa e faticosa delle primarie, quelle per Prodi e poi quelle del 14 ottobre. So bene e conosco bene la voglia e le capacità di queste persone. Se sarò eletto segretario vi contatterò personalmente ma sappiate che non sarà facile dirmi di no. Questo perché ho la piena consapevolezza che, come segretario, potrò fare un buon lavoro solo se tutti noi lo faremo. Se ciascuno di noi lavorerà con impegno e la giusta dedizione.

Ci sarà quindi bisogno di tutti. Per affrontare adeguatamente i molteplici impegni che ci troveremo di fronte.

In questo lavoro mi avvarrò dell’aiuto di un vice segretario che sarà Eluisa Lopresti. Una persona, una giovane donna, consigliere provinciale, con la quale ho già collaborato a lungo per problematiche riguardanti l’associazione di volontariato che presiedo da tempo e che credo sia la persona giusta, per la sua storia, per le sue competenze e per il suo entusiasmo per collaborare con me in questo impegnativo compito.

Ma la vera risorsa di questo gruppo è questa assemblea che ha dimostrato in questo periodo in cui abbiamo collaborato entusiasmo e voglia di fare. Per cui, specialmente in questa prima fase, sarà mia intenzione avvalermi del contributo di tutti. Lavoreremo sull’individuazione di varie aree tematiche e realizzeremo dei gruppi di lavoro, o forum tematici. Per fare degli esempi, sto parlando di ambiente, di sviluppo economico ed occupazione, di sanità e sociale, di difesa dei consumatori ed altri ancora. Indicherò i responsabili di ciascuna area tematica e io mi rapporterò con uno o più di questi responsabili a seconda di che cosa vogliamo discutere, o, perché no, con tutti insieme qualora fosse necessario. Sarà fondamentale che ciascun membro di questa assemblea partecipi almeno ad un gruppo di lavoro. Abbiamo già una lista che ci dice quali sono le preferenze di ciascuno di voi. Ci lavoreremo ancora.

Dovremo fare tutto abbastanza in fretta, perché siamo appena partiti e siamo già in corsa, lanciati verso le elezioni politiche che si terranno fra meno di 60 giorni. Ma qui, lo ripeto scusate, in questo gruppo c’è grande entusiasmo e voglia di fare. Lo dimostra il dibattito della settimana scorsa, quando è stato eletto Sandro. Abbiamo prodotto un documento e lo abbiamo inviato nelle sedi opportune. Con questo documento, che è stato inviato anche alla nostra federazione, abbiamo mandato anche un altro messaggio, forte e chiaro: il PARTITO DEMOCRATICO a Fucecchio è vivo e vuole dire la propria. Su tutto. E che, per quanto mi riguarda, dovranno sempre contare sulla nostra voglia di partecipare, di dire la nostra e di contribuire a decidere.

Queste elezioni politiche non saranno facili, ma abbiamo l’obbligo di essere ottimisti. Perché, è cronaca, noi, il nostro partito siamo la novità della scena politica italiana. Dopo anni in cui l’agenda della politica italiana era dettata dal centro destra, o forse meglio dire, dettata da Berlusconi. E questo succedeva ormai dal 94.

Dal ’94 in poi, inutile negarlo, è stato lui stesso una sterzata continua. Berlusconi parlava e il centro sinistra rispondeva, lui agiva e noi reagivamo. Ma ora non è più così. Questo schema è saltato. Ora la sorpresa siamo noi. Berlusconi è stato spiazzato dalla scelta di Veltroni di correre da soli e così facendo ha sfasciato il sistema delle alleanze e microalleanze che hanno di fatto affossato il governo Prodi. E quindi la scena ideale del Berlusconismo eroico e vincente, solo contro tutti, contro i rossi che lo odiano si è incrinata. Questa strategia è apparsa improvvisamente vecchia come improvvisamente è apparso vecchio l’assembramento di partiti diversi sotto un unico tetto. Quel assembramento che il nostro segretario a definito a ragione un maquillage. Perché da una parte ci sarà il nostro simbolo, con il nostro programma, chiaro. Non più quindi 280 pagine frutto della scrittura, poi irrealizzabile, a dieci e più mani. Ma Un programma frutto di una linea politica chiara portata avanti da persone con idee nuove. Dall’altra parte un caravanserraglio di vecchi personaggi della politica, vecchie facce, mimetizzate sotto un cartello omnicomprensivo, che li abbraccia tutti o, meglio detto, visto come Berlusconi ha pagato la campagna elettorale della nuova DC di Rotondi nel 2006 o come ha finanziato l’associazione del transfuga De Gregorio, li compra tutti. Un vero e proprio coacervo di mercenari. E, badate bene, la differenza sarà chiara, fra la nostra linea e la loro. Fra la nostra trasparenza e il loro stare insieme , da Storace a Casini.

Si perché questi parlano tanto ma poi tornano tutti all’ovile. Chi, come Fini, senza timore di perdere la faccia. Infatti solo poche settimane fa salutò la nascita dal predellino dell’ auto del PDL come “ la comica finale di un vecchio signore”. Chi come Casini finge di resistere per salvare un onore già ampiamente perduto dal comportamento che ha tenuto durante la crisi di governo, comportamento che ha portato all’uscita del suo partito di esponenti di spicco come Baccini e Tabacci che lo hanno accusato di essersi discostato dalla linea congressuale.

Quindi la novità politica siamo noi, che corriamo da soli, o meglio detto corriamo liberi e a questo proposito permettetemi di usare le parole di V. Veltroni a proposito di questa precisazione: “ Correre Liberi, più che soli.
Liberi di poter finalmente non mediare parole, non attenuare cambiamenti possibili, non rinunciare a ciò che si crede giusto.” Inutile nasconderci, il nostro contributo alla politica italiana è già importante. La funzione rinnovatrice del PARTITO DEMOCRATICO sull’intero sistema politico è talmente evidente che è stata colta un po’ da tutti. Correre da soli vuol dire anche separarci da chi sta alla nostra sinistra. Separazione che ho già definito l’altra sera obbligata da reali differenze sul alcune idee fondamentali, essenzialmente, è strato detto su sicurezza e politica estera. Ma anche perché saremo stati poco credibili a fare nuovamente un alleanza con gruppi che hanno tempestato di veti il governo Prodi. Ma anche in questa parte di campo la scelta del PARTITO DEMOCRATICO comporterà un altro processo semplificatorio con alcune non trascurabili difficoltà, con il rischio di scomparsa, inevitabile, di qualche microscopica formazione. Senza considerare che queste formazioni politiche, senza l’effetto trainante dell’unione, a parità di voti potrebbero avere circa la metà di deputati e senatori nella prossima legislatura.

Noi avremo quindi un compito che sarà quello di


spiegare alla gente, che magari ci sta guardando con quella curiosità che spesso si dà alle cose nuove, il senso di questa novità.


Spiegare perché si va da soli.


Spiegare perché devono credere in questo progetto e votare per noi.


E per fare questo dovremo usare tutti i sistemi in nostro possesso. Cercheremo di avvicinarci il più possibile alle persone. Lo faremo cercando un contatto diretto, porta a porta e su questo nel nostro gruppo ci sono persone che conoscono bene come si fa.

Faremo anche di più. Parleremo con le persone anche cercando di portarle qui, in questa bella e ampia casa. La Fondazione “I care”. Abbiamo una casa, bella e spaziosa. Invitiamo gente. Facciamoli venire qui.

Il partito si farà carico di organizzare iniziative politiche.

E quindi sarà il momento di farsi venire delle idee. Ognuno dovrà fare la propria parte sia nell’ideazione che nella proposta ma anche nell’organizzazione. L’invito sarà rivolto a tutti a cominciare dai più giovani che meglio sono in grado di coinvolgere e di comprendere i bisogni e i desideri dei loro coetanei. E alle donne che portino avanti in prima persona le problematiche che maggiormente le riguardano.

Ma il PARTITO DEMOCRATICO di Fucecchio che mi immagino, dovrà pensare anche e soprattutto alla sua realtà e mi verrebbe da dire al nostro paese ma dovremo fare l’abitudine a dire alla nostra città. Il 2008 sarà un anno molto importante. Nel 2009 ci saranno le amministrative e in questo anno dovremo obbligatoriamente chiudere alcuni cantieri e mi riferisco alla piscina, ormai quasi pronta, ma anche all’ex teatro Pacini e alla Casa di Ventignano per cui dovremo a breve fare degli incontri con la direzione della USL 11 per il prossimo ormai passaggio di mano, e forse iniziare a parlare di gestione. Ma anche cercare di far ripartire i lavori per il nuovo ponte di S Pierino ( anche se questo purtroppo non dipende da noi), far partire la progettazione per il centro, per P.za Amendola e dintorni. Saremo al fianco dell’amministrazione per far rispettare appieno gli impegni che sono stati presi per il nostro ospedale. L’idea che ho in mente è quella di essere sempre di sostegno ma anche di stimolo continuo all’amministrazione su questi obbiettivi cercando di essere propositivi verso nuovi obbiettivi. Per dirla con parole di Florio “osiamo di più sulla progettazione delle opere pubbliche”. Proviamo ad immaginare come dovrà essere la città di Fucecchio in cui noi vorremmo vivere fra 10 e più anni. Nel nostro lavoro e nel nostro messaggio alla popolazione dovrà essere sempre chiaro, dovremo sempre far capire bene, senza equivoci, che il PARTITO DEMOCRATICO vuole bene a Fucecchio e che lavora per il bene di Fucecchio.

Tutto questo senza dimenticare e stare vicino alle difficoltà che ci sono nella nostra comunità, le nuove povertà, l’immigrazione, la disabilità. E ne ho citate solo alcune. Per queste, per l’attenzione che vorrei portare a queste problematiche, penso che la mia storia ed il lavoro che ho fatto fino ad oggi valga più di qualsiasi altra parola.

In ultimo e concludo vorrei che il Partito Democratico di Fucecchio fosse anche il luogo dove si possa liberamente pensare e dibattere su problematiche eticamente sensibili. In questo partito riformista si dovrà discutere di queste problematiche, ognuno con le proprie sensibilità e la propria cultura affinché tutti noi, su problemi che ci riguardano da vicino, si possa prendere maggiore coscienza nel tentativo e con la volontà di raggiungere una sintesi che possa caratterizzare il nostro gruppo.



Marino Lupi

mercoledì 13 febbraio 2008

Marino Lupi nuovo segretario del PD Fucecchio

Ieri sera, martedì 12 febbraio, si è svolta presso la Fondazione I Care a Fucecchio l’assemblea comunale che ha eletto all’unanimità, 32 voti su 32 presenti, Marino Lupi segretario del Partito democratico di Fucecchio.
Marino Lupi, 50 anni, medico di famiglia, già iscritto Ds, è consigliere comunale e presidente dal 2001 della Onlus Autismo Toscana.
Con Lupi si completa il quadro dei segretari comunali del Partito democratico nel Circondario: a Capraia e Limite eletta Rosanna Gallerini, a Castelfiorentino eletta Stefania Bracali; a Cerreto Guidi eletto Alessio Tavanti; a Certaldo eletto Federigo Capecchi; Empoli eletta Brenda Barnini; a Gambassi Terme eletto Franco Baldini; a Montaione eletta Francesca Padula; a Montelupo Fiorentino eletto Dino Cei; a Montespertoli: eletta Sara Nunziati e a Vinci eletto Silvano Guerrini.




Fonte: Federazione Empolese-Valdelsa Partito Democratico

domenica 10 febbraio 2008

"UN DISCORSO PER L'ITALIA" - L'integrale dell'intervento di Walter Veltroni a Spello -

Cominciare da qui, da questa piazza, da questo borgo, con alle spalle questo magnifico panorama italiano, è un modo per dire a cosa pensiamo: non al destino di questo o quel leader, non a questo o quel partito, ma al destino dell’Italia, al nostro Paese, alla sua struggente e meravigliosa bellezza e alla sua storia grande e tormentata, alle gravi difficoltà del suo presente e alle straordinarie potenzialità del suo futuro.

E’ un modo per metterci in sintonia con quelle che sono state chiamate le correnti profonde della storia. Perché tutti noi viviamo, giorno per giorno, sulle increspature superficiali, quelle sulle quali si scatenano le tempeste e poi si distendono le bonacce. Ma è solo se scendiamo più in profondità, che possiamo provare a capire dove il mare della storia ci sta portando.

Le correnti profonde della storia non sono fenomeni fisici, anonimi, che ci sovrastano e ci schiacciano. Sono vite concrete di donne e uomini in carne e ossa, sono i nostri padri e i nostri nonni, che attraverso di noi congiungono i loro giorni a quelli dei nostri figli e dei nostri nipoti. Sono la memoria che si fa speranza, il passato che si apre al futuro e attraversando il presente lo riempie di senso.

Sembra di vederla, da quassù, la storia straordinaria e dura, aspra e sofferta, del nostro popolo, del nostro Paese. Un popolo che per secoli ha lavorato la terra, l’ha come addomesticata, addolcita, umanizzata. Ed ha impreziosito le straordinarie bellezze naturali d’Italia – dalle coste del Mediterraneo, attraverso le colline e la grande pianura, fino alle Alpi – con un immenso tesoro di borghi e castelli, di templi e cattedrali, di ville e palazzi.

Nessun popolo della terra ha ereditato tanto dai suoi progenitori. E nessun popolo, meglio del nostro, è messo nelle condizioni di capire come lo sviluppo economico non solo non sia in contrasto, ma possa e debba sposarsi con la qualità della vita.

Troppo a lungo crescita economica e salvaguardia dell’ambiente, espansione urbanistica e tutela del patrimonio artistico, perfino lavoro e cultura, occupazione e scolarizzazione, sono stati pensati come valori contrapposti, come se l’uno fosse una minaccia per l’altro.

E invece, oggi abbiamo compreso che quei valori sono tali solo se promossi insieme. Lo sviluppo contro l’ambiente non è sviluppo. Ma anche viceversa: una difesa dell’ambiente che si riduca alla moltiplicazione di vincoli e veti contro la crescita è sterile e perdente. E invece, un nuovo ambientalismo, un ambientalismo positivo, un “ambientalismo del fare”, come lo abbiamo chiamato, inserito in una nuova cultura della sostenibilità e della qualità della vita, può diventare un formidabile volano di sviluppo. Prendiamo il sole: non è solo un’alternativa al petrolio per la salute della Terra, ma uno dei principali traini della crescita di domani.

Questa è la modernità che ci piace. Quella che unisce l’incremento del Pil alla qualità della vita e alla tutela della natura.

In un mondo che si va facendo sempre più piccolo e nel quale miliardi di donne e uomini, pur tra mille contraddizioni e tra enormi disuguaglianze, si vanno finalmente affacciando da protagonisti del nuovo contesto globale, l’Italia potrà restare protagonista solo se saprà e vorrà nutrire l’ambizione di puntare al primato nello sviluppo di qualità. Anche per questa via, la nostra memoria può trasformarsi nella nostra speranza.

La qualità è la nostra unicità. E’ la sola cosa che nessuno può clonare o delocalizzare. La qualità è l’Italia. E l’Italia è la qualità.

Non bisogna aver paura del nuovo. Il futuro è l'unico tempo in cui possiamo andare. Ma il nostro paese, i suoi meccanismi politici ed istituzionali, sembrano temere le cose nuove. Sembrano paralizzati dal demone del conservatorismo. Sembrano pensare che il mestiere di chi può decidere sia solo quello di rinviare; il mestiere di chi ha il potere sia solo quello di usarlo per mettere veti, paletti, bloccare sul nascere quella meraviglia che è il nuovo. Il nuovo che sorge dal talento, dalla scienza, dall’energia delle donne e degli uomini.

Il nostro Paese deve tornare ad avere voglia di futuro.

Una nuova generazione di italiani chiede una Italia più aperta e dinamica, più giovane e mobile.

L'Italia del nuovo millennio, non l'Italia della fine del secolo precedente.

L'Italia dell'ascolto e della ricerca, l'Italia del rigore e della responsabilità, l'Italia dei doveri e non solo dei diritti.

L'Italia della mobilità sociale e non dei corporativismi asfissianti.
L'Italia della ricerca, della scienza e della tecnologia e non degli steccati ideologici.
L’Italia della legalità e non della furbizia.
L'Italia che ritrova i valori, il senso della sua grandezza e l'orgoglio di sé.

Perché una comunità umana non vive senza i valori, senza le ragioni che illuminano il cammino collettivo e forniscono un senso alle cose.

Non possiamo essere una società che conosce “il prezzo, ma non il valore delle cose”. Una società arida, in cui rapporti umani sono puramente strumentali e si vive schiacciati dall’egoismo, dall’insicurezza e dalla solitudine.

Oggi il Paese, chi vive e parla con gli italiani lo sa, sembra cupo, impaurito. Sembra aver perso quella certezza che domani sarà meglio di oggi. Certezza che è l'energia vitale di una comunità. L’energia che si ritrova nei racconti di quella generazione che ha ricostruito l'Italia dopo la guerra.

I contadini speravano e sapevano che il loro figlio non aveva un destino obbligato, che un giorno volendo avrebbe potuto andare a cercar fortuna in città, e diventare un operaio, un impiegato, un insegnante.

Gli immigrati speravano e sapevano che loro o i loro figli un giorno sarebbero tornati nel loro paese sereni e rispettati per il lavoro svolto lontano da casa.

Operai ed artigiani di talento mettevano su laboratori e poi fabbriche, individuando originali tecniche e nuovi prodotti. E cambiavano così la loro condizione sociale.

Il Paese si rimboccava le maniche, faticava ma sorrideva al futuro che stava costruendo.

Il Paese correva, animato da fiducia e da uno spirito solidale, non bloccato dalle divisioni politiche e ideologiche, assai più drammatiche, allora, di quanto non siano oggi.

E' quello spirito che dobbiamo ritrovare.

L'orgoglio di essere italiani, la voglia di correre, di rischiare, di conquistare nuove frontiere e nuove possibilità.

Mai come oggi la scienza ci ha dato la possibilità di migliorare la nostra vita.

Ogni anno la sua durata media si allunga di qualche mese. Gli italiani che cercavano le foto della famiglia tra le macerie delle case bombardate vivevano in media poco più di sessant’anni. Oggi viviamo vent’anni di più, e i dati demografici dicono che nel 2017 gli ultraottantenni saranno quasi raddoppiati.

La nostra vita media è più lunga perché ci curiamo meglio, perché c'è meno povertà, perché nonostante ciò che si pensa l'acqua, l'aria e il cibo sono più controllati.

Viviamo più a lungo perché viviamo meglio.

So che dire questo contrasta un po’ col luogo comune per cui ieri è sempre meglio di oggi. Ma è proprio di questo che ci dobbiamo liberare.

Non restiamo con la testa rivolta all’indietro, ad un passato del quale dobbiamo riconoscere la grandezza e dal quale, come abbiamo detto, possiamo trovare stimoli. Ma invece viviamo pienamente il presente e volgiamo lo sguardo al futuro.

Oggi abbiamo immense possibilità: di sapere, di conoscere, di viaggiare e dialogare, di scoprire.

Eppure. Eppure sembriamo smarriti. Perché abbiamo perso il senso delle cose. Perché ci hanno detto per anni che gli altri sono solo concorrenti, persino nemici. Che il destino dell'altro non ci riguarda. E così abbiamo smarrito la voglia collettiva di cercare, di rischiare, di cambiare.

La società italiana nel tempo del suo possibile massimo dinamismo sembra ferma, inchiodata da spiriti di conservazione, da logiche di veto. Degli uni e delle altre una certa politica è la massima responsabile.

Una politica che nello stesso giorno in cui un uomo che fa onore all’Italia, Umberto Veronesi, indicava vie nuove per il futuro della lotta al cancro, dava un triste spettacolo di sé, con quegli schiamazzi e quegli sputi nell’Aula del Senato che hanno dato un’immagine dell’Italia che non meritiamo e non vogliamo più vedere. E state certi che quel senatore troverà ospitalità in qualche lista.

Quelle urla sono la più brutta espressione di una politica senza radici nella grande storia italiana, ripiegata su se stessa, priva della voglia di rischiare, di conoscere le sfide brucianti di un tempo nuovo. Dell’incapacità di fare ciò per cui il Presidente Napolitano non ha mai smesso di spendere energie e saggezza: mettere al primo posto il bene del Paese, al primo posto l’amore per le istituzioni. Quello che nelle ultime settimane avrebbe dovuto far scegliere non la propria presunta convenienza, ma la riscrittura delle nostre regole comuni: una legge elettorale per la stabilità e la riduzione della frammentazione del sistema politico, una sola Camera legislativa, la riduzione del numero dei Parlamentari e dei costi della politica.

Si è scelto altro. E noi siamo pronti.

E' all'Italia vera, che noi parliamo.

Verrà presto, tra solo sei giorni all’Assemblea Costituente del Partito democratico, il tempo di tornare a parlare il linguaggio asciutto e severo dei programmi. Il tempo di spiegare e chiarire le nostre proposte, e di ribadire ad esempio che oggi è possibile ridurre le tasse, perché la lotta all’evasione ha dato risultati. Io rimango della mia idea: pagare meno, pagare tutti. Oggi, grazie al lavoro del governo Prodi, possiamo fare quello che non è mai stato fatto. Quello, gli italiani lo sanno, che è stato ogni volta annunciato ai quattro venti, ma non realizzato.

Verrà il tempo per dire agli italiani ciò che è nostro dovere dire: questo è il nostro progetto per cambiare il Paese, queste sono le cose che faremo per fronteggiare i problemi e trovare soluzioni.

E lo potremo dire guardando negli occhi l’Italia, perché abbiamo deciso, unilateralmente, di correre liberi. Liberi, più che soli.

Liberi di poter finalmente non mediare parole, non attenuare cambiamenti possibili, non rinunciare a ciò che si crede giusto.

Guardiamo negli occhi l'Italia e le diciamo: comincia un tempo nuovo.

Il tempo del coraggio e del cambiamento. Il tempo della decisione e della responsabilità.

Gli occhi degli italiani hanno visto troppo odio e divisioni in questi anni.

Unire l'Italia, restituirle forza e orgoglio di sé.

Ritrovare quel desiderio del nuovo che è l'energia vitale di una comunità.

Chi, più di noi, più degli italiani, può unire passato e futuro?

L'Italia deve essere unita. L'odio e le divisioni di questi anni ci hanno fatto perdere occasioni importanti.

Non si è voluto capire ciò che è naturale ad esempio nelle grandi democrazie anglosassoni: che è necessario scrivere insieme le regole del gioco per poter poi competere per il governo nella distinzione di programmi e valori. Sempre nella consapevolezza che c’è una cosa più importante di ogni altra: l’interesse generale, il bene dell’Italia e degli italiani.

Ora bisogna rimettersi in cammino.

Perché non ci sono due Italie separate da muri invisibili. Né è giusto mettere sulle regioni, sulle città, sulle case e persino sulle teste degli italiani delle bandierine di colori diversi.

Gli italiani non “appartengono” a nessuno, se non a se stessi. Appartengono alla propria coscienza, alla propria mente, al proprio cuore. Ed è così che decideranno, il 13 aprile.

Di una cosa sono certo: gli italiani vogliono uscire dalla confusione, dall’instabilità e dall’immobilismo. Vogliono una stagione nuova.

L'Italia deve lasciare l'odio e scegliere la speranza.
L'Italia deve lasciare la paura e scegliere il nuovo.

La memoria impressa nel paesaggio italiano, lo splendido paesaggio che sta alle mie spalle, racconta la storia dell’Italia delle cento città: una storia di eroiche lotte per la libertà e, insieme, di crudeli guerre fratricide. Firenze contro Siena. E dentro Firenze, guelfi contro ghibellini. E guelfi neri contro guelfi bianchi, via via frazionando e frammentando.

Come se la libertà non potesse affermarsi se non contro l’unità. E come se l’unità dovesse fatalmente comportare il sacrificio della libertà. Una frattura mai del tutto ricomposta e che troppe volte è costata all’Italia il prezzo della subalternità ad altre potenze, a umilianti domini stranieri.

E invece è proprio quando si sono mossi spinti dal desiderio di unità, che gli italiani hanno fatto le cose più grandi.

E’ così che una terra divisa in piccoli regni, granducati e domini stranieri è diventata una nazione: grazie a chi immaginò ciò che non esisteva, a chi lottò per realizzarlo.

E’ così che l’Italia è uscita dal buio della dittatura, dalla vergogna delle leggi razziali, dall’abisso della guerra : grazie a donne e uomini che ebbero il coraggio e la moralità di mettere la libertà del loro Paese davanti a tutto, davanti alle loro stesse vite.

Uniti sotto il tricolore, sotto la bandiera italiana. Uniti nella Resistenza: quella attiva dei partigiani, quella silenziosa dei deportati, quella operosa dei tanti giusti che seppero aprire la porta a chi cercava aiuto.

L’altro giorno, la sera stessa in cui abbiamo presentato il nuovo sito internet del Partito democratico, è arrivata una mail. Poche righe, a raccontare un pezzetto della nostra storia. “Ricordo con grande nostalgia – dice la lettera – quando mio nonno mi portava nella stalla a vedere i buoi, io avevo quattro cinque anni. Mi raccontava tante storie, ma una la ricordo molto bene. E' quella di quando lui aveva nascosto nella stalla un gruppo di partigiani che erano sfuggiti ad un rastrellamento fascista e aveva messo a repentaglio la sua vita e quella di tutta la sua famiglia. Però l'aveva fatto e ancora ricordo che me lo diceva come se fosse la cosa più ovvia. Di fronte alla difesa della libertà e della propria patria non c'è esitazione, si fa cosa si deve fare e basta. Non l'ho mai ringraziato abbastanza per queste storie, certo che ancora oggi che ho 51 anni le ricordo volentieri, sono parte di me stesso me le porto dentro di me. Vorrei che il Partito Democratico avesse questi sapori veri, autentici”.

L’Italia è questo. L’Italia è andata avanti così. Così è diventata una grande democrazia, uno dei pilastri della nuova Europa unita, dell’utopia di Altiero Spinelli divenuta realtà.

L’Italia ha costruito il meglio, ha dato le prove più belle di sé, quando ognuno, da chi aveva le più grandi responsabilità alla persona più semplice, ha saputo curare più di ogni altra cosa l’interesse nazionale, ha saputo fare nel modo più naturale, “come fosse la cosa più ovvia”, ciò che sentiva giusto, ciò che serviva davvero al Paese.

E’ così, unita, che l’Italia è uscita dagli anni di piombo. Avevano il tricolore in mano, quei lavoratori che la mattina del 16 marzo del ’78 riempirono le piazze d’Italia contro gli assassini che aveva lasciato a terra cinque ragazzi delle forze dell’ordine e avevano portato via un uomo di stato e di dialogo come Aldo Moro. Con il senso di quella unità il terrorismo è stato sconfitto.

E’ di uno spirito così che il Paese ha bisogno. La priorità sono gli interessi nazionali, non quelli di parte.

Oggi come ieri. Oggi che, come un albero sotto il peso della neve, l’Italia appare piegata, oppressa, legata da nodi strutturali che nessuno sembra in grado di sciogliere.

Sono trascorsi ormai quasi vent’anni dal crollo del Muro di Berlino e dalla crisi definitiva della politica ideologica. L’Italia ha conosciuto l’alternanza al governo e la competizione bipolare tra centrodestra e centrosinistra. Ma non è ancora riuscita a liberarsi dai fantasmi di quella stagione.

Da quasi quindici anni, questi due schieramenti si sono alternati alla guida del Paese. Hanno fatto cose buone e meno buone. Ma nessuno dei due è mai riuscito a vincere le elezioni per due volte di seguito. Ogni volta la delusione per chi stava al governo ha spinto gli elettori a premiare l’opposizione.

Il bipolarismo che abbiamo conosciuto in questi anni si è dimostrato incapace di uscire dallo schema dello scontro ideologico. L’ideologia non c’era più, ma è come se la politica non fosse capace di rinunciare ai suoi cascami: la cultura del nemico, il dualismo manicheo, la demonizzazione dell’avversario, a volte un vero e proprio sentimento di odio, almeno predicato e ostentato, nei confronti della parte avversa.

“Non faremo prigionieri”, è la frase celebre di un ministro della Difesa: anno del Signore 1996. L’Italia non era in guerra con nessuno, per fortuna, quindi non c’erano nemici alle porte da minacciare. L’Italia stava entrando nel bipolarismo politico, mimando i toni e i linguaggi di una guerra civile. Due alleanze sempre più sterminate, accomunate più dalla eccitata volontà di battere l’avversario, che da un chiaro programma di interventi incisivi e netti sui mali strutturali del Paese.

Non sorprende che in questi anni nessuno di questi mali sia stato affrontato in modo risolutivo: non il debito, non lo squilibrio Nord-Sud, non i ritardi delle infrastrutture, non l’inefficienza della pubblica amministrazione.

Le cose buone che pure sono state fatte sono state fatte quasi sempre sull’onda dell’emergenza, a cominciare dalla spettacolare rimonta che all’Italia governata da Romano Prodi, nel tempo del primo Ulivo, nella stagione più feconda della recente storia italiana, consentì di centrare l’obiettivo dell’ingresso da subito nell’Euro.

Ma la politica in questi anni non è riuscita a imprimere forza, a portare avanti quelle grandi riforme, quelle liberalizzazioni e modernizzazioni di cui l’Italia ha bisogno.

Non sorprende allora che i cittadini stiano scoprendo una crescente insofferenza nei confronti di un sistema politico roboante e inconcludente, invadente e impotente, costoso e inefficiente.

Una politica che divide il Paese, invece di unirlo per far fronte ai problemi di tutti. Una politica che divide non solo tra destra e sinistra, ma anche tra Nord e Sud, tra italiani e immigrati, tra dipendenti e autonomi, tra padri e figli, tra laici e cattolici.

La stragrande maggioranza degli italiani è stanca di una politica come questa, che crea una conflittualità esasperata e la usa come alibi per non affrontare i veri problemi del Paese: come far ripartire la crescita economica, come rimettere in moto l’ascensore della mobilità sociale, come valorizzare talenti e meriti, allargando gli spazi di libertà delle persone, come ridare potere di decisione alla democrazia.

Gli italiani non ne possono più di piccoli interessi e di vedute ristrette. Riconoscono le soluzioni semplicistiche offerte a problemi complicati. Capiscono quando poche minoranze cercano di imporre la propria visione come fosse una verità indiscutibile, senza curarsi del fatto che così si alimentano solo divisioni, contrapposizioni, conflitti che non portano a nulla.

Gli uni contro gli altri armati. Sempre e comunque. Costi quel che costi.

Gli italiani vogliono altro. Meritano altro. Perché sono altro.

L’Italia non si deve rialzare.
L’Italia è in piedi. Sono in piedi gli italiani.
E’ la politica che si deve rialzare.

Gli italiani sono i milioni di donne e di uomini che ogni giorno faticano e lavorano, e che a volte per quel lavoro, con indosso una divisa o addirittura una tuta da operaio, rischiano la vita.

Gli italiani sono gli imprenditori che hanno le idee, che hanno il coraggio di spendersi in prima persona per vederle realizzate, che scelgono la strada della qualità e dell’innovazione, che mettono tutta la tenacia e tutta la capacità di lavorare per ore e ore ogni giorno nel progetto in cui credono.

Gli italiani sono i ragazzi che studiano, che investono su stessi, che non si perdono d’animo anche quando si accorgono che per salire devono spendere energie cento volte di più di altri, perché conta ancora troppo dove si nasce e perché l’ascensore sociale che l’intelligenza e la preparazione consentirebbe loro di prendere non funziona.

Gli italiani sono gli insegnanti che, nonostante stipendi e condizioni inadeguate, non rinunciano a vedere il loro mestiere come una missione, perché sanno che sono loro a poter fare la differenza nella vita di un bambino, di un ragazzo, soprattutto lì dove le situazioni sono più difficili, dove la vita è più dura.

Gli italiani sono le persone che si spendono volontariamente per chi è più debole e ha bisogno, che si prendono cura degli altri, che sanno che questo riempie la vita molto più che avere in tasca l’ultimo modello di telefonino o apparire per pochi minuti in qualche programma televisivo.

Gli italiani sono le persone che tengono duro in silenzio e con dignità, che magari fanno mille sacrifici per mantenere la loro famiglia, ma non rinunciano all’onestà, al rispetto delle leggi, all’accoglienza, alla solidarietà verso il proprio vicino così come verso chi arriva da un paese lontano.

Questa fatica, queste speranze, questa generosità non meritano di scomparire sotto la nuvola di parole e il rumore dello scontro politico.

Luoghi meravigliosi come questo, le nostre città, ogni nostra comunità, non meritano di essere divisi da steccati politici e poi definiti da etichette o bandierine colorate.

Per questo è nato il Partito Democratico. Per unire l’Italia.

Per provare a superare una volta per sempre la politica faziosa e settaria.

Per raccogliere le energie migliori del Paese attorno ad un programma di riforme che affrontino i mali strutturali che lo affliggono da troppo tempo.

Per dare alla politica un respiro nuovo.

La politica è impastata di tre ingredienti. C’è la lotta per il potere, per l’affermazione di sé o della propria parte contro le altre. Una lotta che usa la forza come l’astuzia, lo scontro in campo aperto come l’intrigo.

Forse è impossibile che la politica si liberi del tutto di questa dimensione. Ma guai se la politica si riduce solo a lotta per la conquista e la conservazione del potere. Guai se dimentica che il potere è un mezzo e non un fine. Così la politica finisce per perdere il suo senso, il suo scopo. Per diventare, talvolta, prepotente e corrotta. E finisce per annullare le due altre dimensioni, che sono invece la parte bella della politica, quella che può far innamorare, che può riempire di senso una vita intera.

E’ la politica intesa come lotta per grandi principi e grandi valori: la libertà, la giustizia, la pace. Ideali grandi, per i quali si può dare la propria vita, donandola ogni giorno nella fatica dell’impegno quotidiano, o addirittura accettando di perderla, pur di non tradire in nome della vita ciò che alla vita dà significato.

Ed è la politica come impegno concreto per risolvere i problemi quotidiani delle persone, per rendere più lieve la vecchiaia, la malattia, la solitudine, per incoraggiare la speranza di una giovane coppia che pensa di mettere al mondo un figlio ma prima deve risolvere la sua prima preoccupazione, quella della casa; per aumentare le opportunità per chi vuole mettere alla prova i propri talenti.

La politica è rapporto con la vita reale dei cittadini.

La politica è ben poco, se non capisce la preoccupazione di una madre e di un padre che si domandano che tipo di educazione e di ambiente civile riusciranno a garantire al proprio bambino.

Se non sente sua l’ansia di un anziano pensionato costretto a fare i salti mortali quando a fine a mese arriva la bolletta del riscaldamento.

Se non dà risposta alla domanda angosciata di un operaio che vuol sapere se sono vere le voci che annunciano la chiusura della sua fabbrica perché la produzione si trasferisce altrove, in un paese dove si possono pagare salari ancora più bassi e preoccuparsi ancora di meno delle condizioni di sicurezza.

Se non vede l’inquietudine di un imprenditore che per fare il proprio lavoro si trova a dover lottare contro mille difficoltà: le complessità burocratiche, il peso fiscale, l’assenza delle infrastrutture, con uno Stato che spesso sembra essergli nemico.

La politica è miope, non riesce a guardare lontano, se si preoccupa solo di chi ha già garanzie e trascura gli interrogativi e la vita di un giovane laureato che non sa che fare, se provare a vincere un dottorato di ricerca e continuare a studiare, a fare quel che gli piace e per cui si sente portato, oppure essere realista e cercarsi subito una qualsiasi occupazione, anche precaria, anche sottopagata. Costretto a scegliere una vita, quella della precarietà, che è un furto di futuro. Per un’intera generazione.

La politica è miope se non capisce che un bambino disabile, autistico o down, è la creatura al mondo che ha più bisogno di avere la società vicina, di sentire la comunità solidale. Se non capisce che c’è una spesa pubblica che non può mai essere tagliata: quella per loro.

Nessuna di queste persone si aspetta che un governo possa risolvere tutti i loro problemi. Ma ognuno di loro, giustamente, chiede ascolto, chiede attenzione, rispetto, e vuole avere la percezione concreta che qualcuno i suoi problemi li sta affrontando davvero.

Il Partito Democratico nasce per questo. Per far riamare la buona politica, quella che in uno straordinario giorno di ottobre tre milioni e mezzo di persone hanno animato con al loro passione, con al loro partecipazione.

Il Partito democratico nasce per dare alle donne e agli uomini e ancor più alle ragazze e ai ragazzi del nostro Paese la certezza che se vogliamo, insieme, noi possiamo cambiare la politica e cambiare l’Italia.

La scelta è tra passato e futuro.

Dobbiamo credere in ciò che l’Italia può essere.

Conosciamo le sfide che abbiamo di fronte. Ciò che ci ha impedito di vincerle, nella legislatura che si è appena traumaticamente conclusa, non è stata la mancanza di politiche valide, e nemmeno di donne e uomini capaci. E’ stata la divisione. Una politica divisa si è dimostrata troppo piccola di fronte alla grandezza delle sfide.

Per questo il Partito Democratico ha deciso di rompere il vecchio schema politico, quello delle grandi alleanze pensate solo per battere l’avversario, e di aprire la strada ad un bipolarismo nuovo, fondato sul primato dei programmi e sulla garanzia della loro attuazione.

Noi ci presentiamo agli italiani con una chiara proposta di governo: un programma, una leadership, una squadra coesa e affiatata.

Lo state vedendo. Dopo la nostra scelta tutto si è messo in movimento. Anche nell’altro campo. Ma guardate bene quel che succede nelle loro file: sono preoccupati di “come” vincere, non del “perché” vincere. Di come organizzarsi meglio, non di cosa offrire di nuovo all’Italia, di cosa fare di nuovo per gli italiani.

D’altra parte hanno già governato l’Italia per sette anni, e propongono solo di tornare a farlo, esattamente come prima.

Noi vogliamo voltare pagina.

Noi diciamo: non cambiate un governo, cambiate l’Italia.

Cominciamo. Cominciamo a farlo insieme. Trasformiamo l’Italia.

Possiamo essere la generazione di italiani alla quale domani i nostri figli e i nostri nipoti guarderanno con orgoglio dicendo: “hanno fatto ciò che dovevano, l’hanno fatto pensando a noi”.

Non toccherà certo solo a me. Non sarò, non sono solo io, a credere nel cambiamento, a lottare per realizzarlo, a voler fare le cose necessarie.

Tocca a noi. Tocca a milioni di italiani.

Dipende da noi, quello che possiamo fare insieme. Quello che insieme faremo.

Una Italia moderna, serena, veloce, giusta.

Si può fare.

Questi due mesi ci metteremo in viaggio, toccheremo tutte le 110 province italiane, tutta la bellezza e la meravigliosa diversità del Paese.

Questi due mesi saranno il modo più appassionante che abbiamo per far vivere le nostre speranze e dare corpo ai nostri sogni.

Non sono le speranze e i sogni di pochi.
Sono le speranze e i sogni di milioni di persone, che insieme cambieranno l’Italia.

La speranza, il sogno: parole che alcuni giudicano ingenue, astratte, poco adatte alla politica e alle sue esigenze di realismo.

Ma “speranza” vuol dire immaginare qualcosa che non c’è e impegnarsi per renderla possibile. Cosa di più bello nella vita?

La speranza, la fiducia nel futuro, è il motore del cambiamento che serve all’Italia.

E’ per questo che io mi candido. Non per ricoprire una carica.

E vi chiedo, nei prossimi mesi, di pensare non a quale partito, ma a quale Paese.

Facciamo un Paese grande e lieve.

Una Italia in cui non si muoia per lavorare. In cui studiare e intraprendere sia facile. In cui le donne e gli uomini ritrovino la voglia di viaggiare, insieme e sicuri, verso il futuro. In cui la politica riscopra il coraggio di rischiare il nuovo.

E forse, un giorno, ricorderemo che qui, oggi, in una bellissima domenica italiana, tutto è cominciato.

SI PUO' FARE