sabato 27 ottobre 2007

INTERVENTO DI ROMANO PRODI

Democratiche, Democratici,


Adesso possiamo chiamarci così finalmente!

Grazie per essere arrivati da tutta Italia qui a Milano per l’Assemblea costituente del Partito Democratico. Il “nostro” partito.

Stiamo vivendo un’altra giornata storica, a sole due settimane dal grande appuntamento di democrazia partecipata delle Primarie. Tre milioni e mezzo di persone hanno indicato in voi i punti di riferimento per la scelta del segretario del Partito Democratico. E io, come presidente di questo partito, sono felice di darvi il benvenuto e di complimentarmi per la vostra elezione.

All’apertura di quest’assemblea voglio salutare il Presidente della Repubblica sciuro e sereno garante della istituzioni saluto il pres del senato che è qui con noi, tutti i segretari regionali, gli invitati italiani e stranieri che idealmente abbracciano il Partito Democratico con le loro figure e i loro riferimenti politici e culturali. Anche grazie a voi, care amiche e cari amici il nostro percorso è oggi più forte e chiaro.

Un ringraziamento particolare va a colui che fra pochi minuti sarà ufficialmente eletto segretario del Partito Democratico, Walter Veltroni. E ai suoi quattro sfidanti. Rosy Bindi, Enrico Letta, Mario Adinolfi e Piergiorgio Gawronski. Grazie al loro impegno e al loro coraggio, quella del 14 ottobre è stata una sfida vera, giocata sul piano dei progetti e delle idee.

Voi siete i testimoni di un progetto, le pietre angolari di un edificio che crescerà ancora e che coinvolgerà milioni e milioni di persone. Sta a voi portare avanti questi principi, questi valori. Innanzitutto nei vostri comportamenti, ma anche tra la gente, sui territori, laddove oggi la politica è vista con troppa diffidenza.

L’investitura popolare è la più esaltante ma anche la più responsabilizzante delle avventure.

Anch’io, con le Primarie del 2005, ho avvertito forte su di me l’onore e l’onere della guida di un progetto, culminato nella vittoria elettorale del 2006 e, adesso, nel governo del Paese.

Quella che abbiamo costruito insieme in questi anni è stata una rivoluzione democratica. Pacatamente, serenamente, abbiamo rafforzato i nostri convincimenti vestendoli con gli abiti della partecipazione. Tutto questo porta a sentirci già a nostro agio in questa nuova grande dimensione.

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L’ho già detto la sera delle Primarie e lo ripeto con ancora maggiore convinzione qui davanti a voi. Grazie al Partito Democratico il Paese può migliorare. Può migliorare molto. Quando tre milioni e mezzo di giovani, anziani, immigrati, famiglie intere, si mettono in fila anche per ore e ore al fine di esprimere il proprio democratico contributo alla casa comune del riformismo. Ebbene, siamo di fronte ad una prova di democrazia che in un sol colpo cancella i dubbi e le incertezze di un Paese sull’orlo della divisione ideologica, del razzismo strisciante e della perdurante sfiducia nei sistemi di rappresentanza.

Con quel gesto, con quell’euro donato, abbiamo insieme testimoniato e investito sul percorso iniziato 12 anni fa, salvaguardandolo e certificandolo nel suo modo più forte: la creazione di un grande partito del centrosinistra, capace di unire esperienze e di intrecciare radici. Dalla tenace e paziente volontà di preservare il progetto che insieme abbiamo costruito, tra gelate e rinascite, siamo oggi alla costruzione di un grande partito riformista.

Lasciatemi ripercorrere questi 12 anni, quasi in una carrellata di ricordi fatta di immagini, scelte ed emozioni. In fondo è come leggere la mappa genetica del Pd attraverso fatti e persone. Molte persone e molti fatti li abbiamo conosciuti, altri no, ma vanno comunque raccontate.

Se guardiamo la storia politica del Paese in questi ultimi quindici anni troviamo che non c’è stato nulla che abbia avuto la forza (cioè la quantità) e il progetto (cioè la qualità) per svolgere in Italia quel ruolo politico ricoperto nel primo dopoguerra dai grandi partiti di massa.

Il nostro cammino cominciò nel 1995, quando divenne chiaro che il centro-sinistra aveva bisogno di una nuova aggregazione ampia e forte delle diverse esperienze riformiste italiane.

Nasceva così l’Ulivo. E, ricordando questi avvenimenti, vorrei dedicare questo momento e questo discorso proprio alla memoria di Nino Andreatta e Pietro Scoppola. A Pietro che è stato colui che ci ha guidato nella grande riunione di Orvieto dove in questo momento dsi stanno svolgendo le esequie e per quelle coincidenze imperscrutabili che succedono nella vita vi prego di dedicare ora un momento di silenzio.

Perché è grazie a persone come loro, ai loro ideali e alla loro fermezza che l’Italia adesso può aspirare ad un futuro migliore.

La vittoria del 1996 e la crisi del 1998 dimostrarono al tempo stesso la forza e le criticità del nostro progetto. Walter lo sa bene perché fin da allora eravamo fianco a fianco: egli sa che è difficile governare se le proprie idee non sono ancora radicate profondamente nel Paese.

Successivamente la mia esperienza alla guida dell’Europa è stata altrettanto importante: era chiaro che l’Italia non poteva coprire alcun ruolo in Europa se non poteva disporre di una grande forza riformista. Non riuscimmo, nonostante i generosi sforzi di Francesco Rutelli, a riportare il centrosinistra alla guida del Paese. Il cammino è poi stato ripreso con le Primarie del 2005. Il voto del 2006 ha confermato la giustezza della scelta. Il consenso popolare di quindici giorni fa ci ha imposto di accelerare ulteriormente il nostro cammino di unità.

Se ci voltiamo idealmente indietro, vediamo un sentiero faticoso ma sempre chiaro e netto. Adesso, davanti a noi, abbiamo una strada più larga e meno accidentata. Ma non per questo la guida deve essere meno attenta e responsabile.

Non abbiamo bisogno di mappe, o navigatori satellitari. Sappiamo bene dove vogliamo andare. E sappiamo che il nostro unico motore è l’unità delle forze riformiste. E’ nell’unità che il Partito Democratico deve sempre riconoscersi. Sempre!

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Al seminario di Orvieto di un anno fa abbiamo tracciato la nostra strada.

In aprile Ds e Margherita hanno compiuto il passo più importante, il più difficile della loro storia: lo scioglimento consapevole al fine di contribuire alla nascita di qualcosa di più nuovo e più forte. Ma, soprattutto, più unito. Lo ripeterò più volte oggi. L’unità è condivisione, l’unità è forza. L’unità è il Partito democratico.

Ce lo siamo chiesti e detti tante volte: in che paese vorremmo vivere? Non certo in un paese lacerato e invidioso, con potenzialità enormi e limiti feroci, occasioni d’oro e veleni di piombo.

Solo se il Partito Democratico dimostrerà fin dall’inizio di essere l’esempio del rispetto delle regole e della condivisione, la buona politica potrà generare frutti di progresso. Per questo vorrei che unità ci fosse anche a sinistra di noi. Ma, in Italia abbiamo anche bisogno di un bipolarismo maturo, di un’alternanza che non sia occasione di vendetta o di risentimento. Questo significa avere ispirazione maggioritaria. Questo vuol dire porre il bipolarismo a servizio del buon governo.

Ci troviamo oggi, ad affrontare un pauroso deficit della politica. Ci troviamo di fronte a un deficit di quantità e di qualità della politica che anni di furbizie e privilegi hanno alimentato. Abbiamo vinto le elezioni e l’Italia ha voltato pagina con forza e fiducia. Ma, nonostante i risultati ottenuti in meno di un anno e mezzo, il sentimento comune, alimentato ad arte, è quello di pericolosa provvisorietà. Questo è il prezzo che si paga per la nostra determinazione a fare le riforme. Riforme utili al Paese anche seall’inizio impopolari. Per continuarle a fare e farle diventare popolari c’è bisogno di unità e c’è bisogno del Partito Democratico.

Ho voluto un Governo che si riconoscesse negli stessi valori che oggi chiedo a voi di difendere e salvaguardare: equità, giustizia, sviluppo, fiducia. Valori che so essere parte delle vostre esperienze e della vostra coscienza. Valori che vi invito a curare con ancora maggior forza da oggi, in una visione ampia e condivisa del bene comune.

L’ho già detto un anno fa ad Orvieto e lo ripeto ancora più convintamene oggi: così come l’Ulivo non era un progetto che puntava a liquidare i preziosi patrimoni delle culture politiche del ‘900, il Partito Democratico non presuppone abiure rispetto alle appartenenze precedenti, ma richiede al contrario la sintesi di quello che ciascuno ha condiviso e confrontato.

Il nostro è il Partito Democratico. Lo scrive nel suo nome, lo mette sulle bandiere, lo grida forte nelle piazze: tutto ciò significa che quell’aggettivo “è” il significato vero del partito prima ancora della tessera che avrete in tasca.

E questo partito è nato dalla Costituzione, soffermiamoci su un articolo fondamentale, specie in una giornata come quella di oggi: l’articolo 49. Leggiamolo insieme: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

Questo significa avere elenchi certi trasparenti e pubblici di tutti gli iscritti. Questo significa votare e partecipare uin modo aperto e controllabile,. Questo significa evitare le crisi che hanno indebolito i partiti negli ultimi decenni.

E’ bellissimo ritrovare, 60 anni dopo, tanta attualità, tanta modernità in questo dettato. Noi abbiamo diritto di essere un partito. Vogliamo concorrere democraticamente a migliorare la politica.

Ma questo significa creare un partito in cui l’appartenenza sia chiara e trasparente, così come chiara e trasparente deve essere la partecipazione alle decisioni.

Per disegnare meglio l’Italia che vogliamo c’è bisogno di un partito democratico plurale, aperto e finalizzato al governo della complessità interna e internazionale. Non una forza che si oppone e distrugge. Ma un soggetto che si assume responsabilità e le governa, perché, ricordiamolo sempre, un partito è strumento di governo.

L’Italia che stiamo costruendo non è ancora l’Italia che abbiamo sognato. Per tendere all’obiettivo c’è bisogno che voi, democratiche e democratici, siate consapevoli che ci dovranno essere molte altre giornate come quella di oggi e come il 14 ottobre. Sarà necessario mobilitarsi, lavorare, agire. Ma lo farete e lo faremo con un’unità di intenti che ha nelle riforme, nello sviluppo e nell’equità le sue parole chiave.


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Quando abbiamo iniziato l’avventura dell’Ulivo avevamo in mente un’idea, un progetto, si chiamava: “L’Italia che vogliamo”. Un’idea e un progetto che hanno guidato la nostra azione politica e di Governo in questi due lustri e che ispirano anche il percorso di questa legislatura.

L’Italia che vogliamo è ancora quella: dinamica, giusta, solidale, moderna, responsabile. Un’Italia che propone con pari dignità la propria presenza e il proprio ruolo in un mondo sempre più aperto e difficile. Non un’Italia chiusa e timorosa ma un’Italia attiva, leale e consapevole. Un’Italia che vive i propri doveri di alleanza senza subordinarietà e si misura apertamente con le sfide della concorrenza.

Questo spirito ci guida nella nostra presenza nel mondo per affermare pace e sicurezza. Ed è lo stesso spirito con cui ci stiamo riprendendo, con le nostre imprese e con le nostre capacità, il posto che ci compete nell’economia mondiale.

Un Paese più dinamico e competitivo perché capace di innovazione, di riconoscere e premiare il merito, ma anche perché più coeso e solidale. Un Paese dove la qualità della convivenza, la rete di protezione sociale, i diritti dei singoli e delle famiglie, la qualità dell’ambiente non sono un prodotto residuale, una sorta di risarcimento da distribuire a valle dello sviluppo, ma sono la determinante fondamentale della crescita economica.
Noi in questi mesi abbiamo rimesso in moto l’Italia, siamo tornati a crescere anche se non ancora a correre, e lo abbiamo fatto prestando attenzione alla qualità sociale e all’ambiente. So bene che si deve e si può fare di più. So delle difficoltà economiche di troppe famiglie, dell’ansia di troppi precari ma il risanamento economico e finanziario del Paese sta avvenendo non a danno dei più deboli ma ridistribuendo a loro favore il frutto della crescita e della lotta all’evasione.

L’Italia che vogliamo è un’Italia più onesta. Un Paese dove il senso civico e l’etica della responsabilità individuale e collettiva siano la guida delle azioni dei cittadini, delle imprese e dell’intera politica. Una politica più sobria, più responsabile e soprattutto più trasparente, aperta e partecipata. Amministrazioni efficienti e al servizio dei cittadini, più semplicità e meno burocrazia.

Un’Italia dove si paghino le tasse giuste, correttamente legate alle possibilità economiche di ciascuno, visibilmente dedicate ad un adeguato livello di servizi, ma giuste soprattutto perché tutti le pagano e nessuno può contare sul prossimo condono.
Anche su questi aspetti abbiamo fatto molta strada ma non vi nascondo una forte preoccupazione nel vedere quanto grande sia il solco che si è aperto tra la politica e i cittadini e quanto difficile sia il rapporto tra amministrazione e contribuenti.

Certo, il Partito Democratico è la possibile prima risposta all’antipolitica, ma solo etica, responsabilità e efficacia dell’azione di Governo potranno mettere al riparo la nostra democrazia da tentazioni e derive populistiche. Vogliamo un’Italia con più opportunità per i giovani e le donne, un’Italia più unita, più attenta ai drammi del Mezzogiorno e alla sua voglia di riscatto.

n questi anni abbiamo fatto tanto per costruire l’Italia che vogliamo, nel Governo nazionale, nelle regioni, nelle città, col lavoro di tante associazioni, di singoli cittadini, con la passione e l’impegno civile di tanti italiani. Ma dobbiamo riconoscere che la distanza tra quanto realizzato e il progetto è ancora tanta e che l’azione riformatrice ha conosciuto e tuttora conosce difficoltà e anche battute d’arresto.

Questo è avvenuto perché mancavano alcune condizioni e mancava un soggetto per il cambiamento. Elementi, condizioni, soggetti su cui dobbiamo soffermarci. Anzitutto sul versante del sistema istituzionale. Veniamo da una stagione di riforme incompiute, monche, a volte tradite. Penso anzitutto alla trasformazione in senso federale del nostro Paese. Ad una ridefinizione anche profonda dei ruoli e delle competenze non ha corrisposto una analoga riallocazione di risorse e di responsabilità.

L’effetto è quello di avere costi crescenti, spese fuori controllo, una insufficiente efficienza della macchina pubblica. Solo ora ci accingiamo a varare un credibile federalismo fiscale.

Ma sul versante istituzionale il problema più rilevante, l’intralcio più serio al cambiamento sta nella mancata attuazione del bipolarismo. Non abbiamo rivisto il funzionamento delle due Camere, non sono stati aggiornati i poteri del Premier, non si sono stabiliti ambiti di garanzia delle minoranze. Si è poi consumato il tradimento maggiore con una legge elettorale nata per impedire la governabilità.

Non sappiamo ancora quale nuova legge elettorale questo Parlamento sarà in grado di esprimere o se dovremo attendere l’esito di un referendum nato come stimolo e non certo con la capacità di disegnare un sistema elettorale adeguato. So che noi, il Partito Democratico, dobbiamo essere guidati da una stella polare; da un obiettivo irrinunciabile: un bipolarismo efficace che consenta agli elettori di scegliere chi deve governare, dia stabilità e forza all’azione del Governo, di tutela e garanzie alle minoranze. E c’è bisogno che questo avvenga presto.

La chiarezza di questi obiettivi e la determinazione del Partito Democratico saranno fondamentali per trovare la strada maestra della riforma elettorale. Chiedo a Walter Veltroni di ricercare, nel dialogo e nel confronto, all’interno del nostro partito e nel dialogo con le altre forze politiche il modello più idoneo a superare questo inaccettabile stallo. Così come il governo con l’azione del ministro Chiti continuerà a cercare l’accordo nel parlamento.

L’Italia che vogliamo non si costruisce con governi deboli, maggioranze variabili e forze politiche frammentate. L’Italia che vogliamo ha bisogno di stabilità e di chiarezza. Per questo, sin dal 1995, sin dagli albori dell’Ulivo, ho pensato e sperato che nascesse il Partito Democratico.

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Stiamo compiendo, proprio con la nascita del Partito Democratico, un passaggio importantissimo e difficile; un passaggio decisivo per portare l’Italia ad essere un Paese pienamente inserito nell’occidente e nel XXI secolo. Stiamo chiedendo a tutti noi e a tanti cittadini di rivedere profondamente il rapporto con la politica. Già con il primo Ulivo avevamo messo al centro il Governo, cioè la capacità di rispondere in concreto ai bisogni e alle aspettative dei cittadini.

Il programma ha assunto sempre più peso e contemporaneamente abbiamo allentato i legami della nostra appartenenza. Il Partito Democratico porta ulteriormente avanti questo processo, è il primo partito italiano che nasce per il Governo. Non fraintendetemi, questo non significa non avere identità culturale, politica e valoriale ma certo la scelta del Governo, cioè delle soluzioni possibili è un tratto di grande novità ed impegno. E’ condizione di una democrazia efficiente.

Mi sono chiesto spesso in questi mesi se gli Italiani ed in particolare i militanti e gli elettori del centrosinistra siano maturi per questa scelta, se ne abbiano colto pienamente la portata e l’urgenza.

Quando misuro le difficoltà che il nostro Governo incontra nei confronti dell’opinione pubblica penso che, a fianco dei problemi di comunicazione, di eccesso di discussione o altro, ci sia anche da mettere in conto la fatica di un passaggio che prevede rinunce sul versante delle identità in favore di una governabilità possibile.

E’ una fatica che sentiamo tutti e che spesso traduciamo nella formula della distanza tra realizzazioni ed aspettative. Eppure il Governo ha fatto tanto e ha fatto bene. E intende continuare a fare.

Non voglio qui elencare singole realizzazioni, ma lasciatemi tracciare un quadro molto sintetico di questi quasi 18 mesi visti da chi ne porta la responsabilità maggiore. Siamo usciti dall’Iraq: guardate, non è tanto il fatto che abbiamo portato a termine con efficienza, sicurezza ed equilibrio il rientro dei nostri soldati lasciandoci dietro un rapporto costruttivo e di stima con gli iracheni, ma questa azione ci ha consentito di riprendere nel modo giusto il nostro ruolo nella alleanza atlantica e di assumere con senso di responsabilità il comando della azione di pace in Libano. Siamo tornati ad essere amici ed alleati, ma non subalterni. E questo lo sanno bene i noistri connazionali che vivono all’estero che con tutti voi voglio qui, simbolicamente salutare.

Abbiamo rimesso i conti in ordine e aiutato il Paese a riprendere la via della crescita. Le tante cassandre e i tanti grilli parlanti ci dicevano: non riuscirete a rientrare sotto il 3% di deficit in un solo anno, bloccherete sul nascere la ripresa. Sono gli stessi che oggi ci dicono che dovevamo fare di più sul versante dei conti, oppure che ci vuole più rigore nel tagliare la spesa. Io dico, e con me molti organismi internazionali, che essere oggi con un deficit al 2,4% del PIL è un grande risultato, l’unico risultato che ci consente di avviare una forte azione sul terreno della equità. È su questo versante, assieme a quello dell’etica, che si gioca il rapporto coi cittadini.

Ed è anche nel campo dell’etica che si colloca la lotta all’evasione fiscale, vera emergenza economica ma anche etica. Sono stati gli oltre 20 miliardi recuperati a consentirci provvedimenti come quelli a favore dei pensionati più poveri o degli incapienti.

Ma non abbiamo operato solo in termini redistributivi. Prendiamo il tema così caldo del precariato. Dicevamo in campagna elettorale che il lavoro precario non può costare meno di quello stabile. Questo, più delle norme giuslavoristiche, è il modo per combattere la precarietà, lasciando alle imprese la giusta flessibilità. In 18 mesi abbiamo dimezzato il divario di costo per le imprese tra precarietà e stabilità. E ancor più faremo in futuro in questa direzione.

Abbiamo dato molto alle imprese (penso al cuneo fiscale) perché alle imprese chiediamo molto. Chiediamo più competitività nel rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. E soprattutto chiediamo loro di pagare un obbligo di equità nei confronti delle nuove generazioni.


Il protocollo sul welfare rafforza la sostenibilità e l’equità del sistema previdenziale con un occhio attento proprio alle nuove generazioni. E’ un accordo che fa avanzare il paese, tutela i più giovani e i pensionati ed evita le iniquità di uno scalone selvaggio. E’ un grande risultato della concertazione e del dialogo.

In campo ambientale ed energetico abbiamo ripreso una attenzione che era stata colpevolmente distratta. Posso affermare che l’ambiente è per il nostro Governo un elemento centrale di sviluppo e di qualità. Sui temi dell’energia, dell’acqua e del clima. Su questi temi Ci stiamo giocando il futuro.

Insomma, stiamo governando e stiamo governando seriamente. Certo, chiedendo sacrifici, toccando rendite e vantaggi consolidati, per sostenere le famiglie e lo sviluppo, anche se non possiamo nasconderci le difficoltà di amministrare il Paese con una maggioranza che al Senato – grazie alla legge elettorale devastante della destra – è, come sapete bene, esigua.

In questi giorni queste difficoltà si sono ripresentate più volte, ho sentito il dovere di richiamare le forze politiche della maggioranza a dire con chiarezza se intendono continuare la strada intrapresa insieme nel rispetto degli impegni assunti con i cittadini, peraltro due giorni fa a Palazzo Madama è stato approvato il decreto fiscale che distribuisce risorse a chi ne ha meno. Un provvedimento importante in pieno spirito del programma approvato dal nostro parlamento. E vorrei ringraziare qui di fronte a voi, tutti i parlamentari che hanno lavorato in modo straordinario in questo periodo. E simbolicamente vorrei ringraziare due donne, la senatrice Anna Finocchiaro e la senatrice Rita Levi Montalcini.

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Il mio governo è nato per realizzare un programma di legislatura e mi impegnerò con tutte le forze e tutto il vostro sostegno affibnchè esso possa continuare la sua azione e possa mantenere gli impegni che abbaimo preso tutti insieme con gli elettori.

A questo scopo da oggi e per i prossimi mesi dedicherò ogni mia energia per dare a questo paese una finanziaria fatta bene, una finanziaria forte. Di questo intendo assumermi insieme al ministro Padoa Schioppa e al sottosegretario Enrico Letta la completa responsabilità e guida, seguirò direttamente e personalmente insieme con i gruppi della maggioranza le procedure parlamentari perché insieme al decreto, al protocollo sul welfare approvato con un grande referendum popolare e al pacchetto di liberalizzazioni questa finanziaria abbia la qualità e lo spessore per rilanciare l’Italia. Tutti questi provvedimenti portano un nome e un cognome, quello dei ministri membri del mio governo, del vostro governo, ministri che voglio tutti ringraziare per il costante e forte impegno.

Da mesi si agitano serpenti di mare che prospettano fumosi scenari post-Prodi a questi preferisco avversari trasparenti anche quelli che da mesi promettono spallate con l’unico risultato che ormai stanno slogandosi tutte e due le spalle. Vi è chi pensa e soprattutto chi scrive che le sorti progressive di questo paese siano legate ad un imminente indefinito accadimento che potremmo definire con un acronimo “Tep”, tutto eccetto Prodi, mi dispiace deluderli sono qui e resto qui per esercitare una responsabilità etica e politica.

Non sono qui per sopravvivere, ma per governare il rilancio che gli italiani si attendono e si meritano e che avranno.

Per carattere io cerco sempre il consenso e con estrema pazienza l’ho cercato all’interno del governo e con i partiti della maggioranza ma come voi sapete, tutto questo non può spingersi oltre determinati limiti, perché il referente ultimo a cui un Presidente del Consiglio risponde sono i cittadini italiani. Questo è il mio lavoro che ha l’orizzonte temporale al termine della legislatura, al termine della quale ritengo conclusa, come ho ripetutamente affermato, la mia esperienza politica.

Il nostro è un partito che deve saper dire la verità. Un partito che non si nasconda dietro ai sotterfugi ai compromessi al ribasso, ma che cerca il dialogo come forma di costruzione positiva. Dobbiamo imparare a dire no, a gridare basta ai piccoli vantaggi e agli opportunismi. Così come l’Unione ha un Programma di Governo, anche il Partito democratico dovrà avere uno statuto e un progetto che ne indichino valori e valore.

Il Governo è quindi più forte perché sa di poter contare su un partito ancora più unito. Ma sarà tutta la maggioranza a trarne vantaggio. Io sono e resto il garante e il leader dell’Unione, ma è chiaro che essere il presidente del Partito Democratico rappresenta il punto d’orgoglio della mia vita politica perché rappresenta il punto più alto della mia stessa vita politica. Ci aspettano sfide e riforme importanti. E i tre milioni e mezzo che vi hanno scelto, e che hanno indicato in Walter Veltroni il primo segretario del Partito Democratico, ci chiedono di non perdere tempo.

Fare politica è bello, questo è il vero privilegio. Perché permette di occuparsi del proprio Paese, di proporre leggi e migliorare la vita dei cittadini, di cercare l’equità e lo sviluppo. Chi non crede nei partiti dovrebbe, come ho già detto, rileggersi la Costituzione e qualche pagina di storia non troppo lontana. Molti di voi si avvicinano oggi per la prima volta alla politica: giovani, immigrati, donne, anziani. Vi ringrazio di cuore perché siete la risposta più bella e più vera all’antipolitica.

L’etica in politica è qualcosa di più di quanto i grandi pensatori del passato o i filosofi ci hanno insegnato e tramandato. Potrei citare personaggi noti e figure di riferimento, ma dimenticherei sicuramente qualcuno. Preferisco indicare a ciascuno di voi le responsabilità etiche del Partito Democratico. Vi siete candidati, siete stati votati e siete stati eletti. La responsabilità che vi circonda è grande come l’impegno che vi attende. E io, da presidente del Partito Democratico, vi ricordo che dovrete sempre portare con voi, come riferimento morale del Partito Democratico, tre parole: onestà, semplicità, unità.

I comportamenti sono importanti come le azioni, i gesti come i fatti, le parole come le decisioni. Non dimenticate mai che rappresentate, in Italia e nel mondo, la materia fondante di un nuovo partito, il nucleo pulsante della sua stessa vita. Sarà il segretario a guidare l’attività politica, ma sarà la vostra coscienza a farvi sempre sentire parte di questo progetto.

Visto che parliamo di valori, voglio essere chiarissimo anche sulla laicità del Partito Democratico che, come l’Ulivo, è già espressione della tradizione cattolica democratica che a pieno titolo ne fa parte, come lo è della tradizione laico-socialista e della cultura ambientalista. Il Partito Democratico è la casa dei democratici e dei riformatori del Paese, la nostra casa comune, lo spazio di tutti. Faremmo un passo indietro e non un passo avanti se ci mettessimo oggi a cercare spazi identitari destinati inevitabilmente ad enfatizzare le distinzioni tra noi e, perciò, a produrre separazione.

Credo in una laicità forte che non solo riconosce, ma si considera incompleta e incompiuta se non si alimenta in continuazione del contributo delle sensibilità religiose. E credo che l’incontro laico tra credenti e non credenti, nel nome di un umanesimo e di un personalismo vivo e fecondo sia una delle grandi opportunità che il Partito democratico mette a disposizione dell’Italia e dei cittadini per superare antiche incomprensioni e moderni radicalismi.

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Il Partito Democratico sarà un esempio riformista per tutta l’Europa. Sono convinto, e ne ho già avuto testimonianza, che saremo noi ad anticipare l’Europa e non viceversa. E’ la nostra idea di Partito Democratico a collocarci direttamente nel cuore di questo percorso globale che vedrà i vecchi contenitori adeguarsi alle nuove necessità. Il Partito Democratico deve essere concepito come un soggetto che si colloca al centro del campo riformista e democratico, europeo e mondiale per rafforzarlo e allargarlo.

Il nostro Governo è tornato a indicare nell’Italia un soggetto europeista e multilateralista che promuove la pace tra i popoli in una cornice di giustizia e di democrazia. Il Partito Democratico ci consentirà di rafforzare queste idee e di renderle feconde anche in altri Paesi. E’ anche per questo che proprio le elezioni europee del 2009 saranno il primo grande appuntamento per la centralità del Partito Democratico nella politica.

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Il Partito Democratico è un grande contributo al Paese, ai milioni di donne e di uomini che hanno deciso di andare oltre il passato, pure glorioso, dei partiti legati alle storie nobilissime del secolo scorso, per entrare finalmente nel futuro. Un futuro che ci parla di problemi nuovi, che ci ripropone domande troppo spesso rimaste senza risposta, di bisogni di partecipazione democratica tuttora insoddisfatti, di sogni e speranze, del bisogno di dare senso alla propria esistenza e alla politica.

Come avevo avuto modo di dire nello scorso aprile agli amici di Margherita e Ds durante le loro ultime assemblee, nel mondo e nell’Italia di oggi essere autenticamente riformisti significa guardare in faccia la realtà senza timore e senza remore. Il “Riformismo” significa guardare in faccia alla realtà e affrontare con coraggio e senso di responsabilità i grandi problemi della pace e della convivenza fra i popoli, avendo come riferimento i grandi valori iscritti nella nostra Carta costituzionale, nella Carta dei diritti dell’Unione Europea, e nella Carta delle Nazioni Unite.

Significa garantire sicurezza e speranza a tutti coloro che vivono e lavorano in Italia.

Significa volontà di lavorare per unire e non per dividere.

Significa difendere sempre le ragioni della giustizia e della pace.

Significa dare ai giovani modelli etici e culturali ai quali essi possano guardare con orgoglio.

Significa costruire una società capace di riequilibrare le disuguaglianze esistenti nel mondo e in Italia.

Significa guardare al rispetto dell’ambiente e allo sviluppo del Paese.

Significa credere nel merito senza gerarchie precostituite.

Significa, semplicemente, essere democratici!

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Democratiche, democratici,

So di avere parlato a lungo e me ne scuso, ma l’occasione era ed è storica. Perdonerete dunque l’orgoglio che – come presidente del Partito Democratico – mi ha spinto a raccontarvi anche la storia, oltre al presente e al futuro del nostro Partito.

Il nostro segretario ha davanti a sé un compito faticoso, difficile ma avvincente.

Walter sa di poter contare sulla nostra determinazione e sulla nostra passione. Sa che ci sono persone che per costruire questo partito hanno dedicato ogni sforzo. Il nome di Piero Fassino li simboleggia tutti.

Walter, abbi cura del Partito Democratico Noi lavoreremo con grande impegno per ottenere quei risultati che meritiamo e per dire davvero un giorno: Abbiamo finalmente l’Italia che vogliamo!

Grazie a tutti!

Romano Prodi

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