“Il Mezzogiorno non deve marcire nell’assistenzialismo che mortifica l’uomo e crea spazi per la violenza e per la camorra. Il vostro servizio a favore delle popolazioni, la vostra onestà e competenza, il vostro culto per la verità, la giustizia e la libertà saranno di sprone e di sostegno nella lotta contro la camorra ed alimenteranno la speranza fondata in un domani migliore e non troppo remoto. Le nostre genti ve ne saranno grate più di quanto possa essere grata la camorra verso i disonesti uomini pubblici”. Con queste parole Don Peppino Diana, nella Chiesa di Casal di Principe, si rivolse alle autorità pubbliche sedici anni fa, nel giorno di Natale. Parole chiare, che indicano ancora oggi il percorso da seguire per vincere la battaglia a difesa delle regole e per il rispetto della legalità. Parole che voglio portare con me a Napoli, dove oggi sarò a confrontarmi sui temi della legalità e della lotta contro la camorra con chi in questa città lavora, studia, fa volontariato. A raccontarmi Napoli, a dirmi dei suoi problemi e delle sue risorse, delle sue speranze, saranno i rappresentanti dell’associazionismo, i giovani, le donne e gli uomini che ogni giorno vivono questa città in maniera onesta e con grande forza d’animo. Sono loro che riescono, in questo modo, a sferrare i colpi più duri a chi vorrebbe distruggere la fiducia dei cittadini con l’imposizione di un codice distorto, fatto di violenza e di illegalità. Con loro vorrei parlare di cosa intendo per legalità e di come il Partito democratico si impegnerà nel contrasto alla criminalità organizzata. Le ultime inchieste della magistratura confermano che le mafie inquinano sempre di più settori sani dell’economia, condizionando lo sviluppo di intere aree del Paese. Per contrastarle e colpirle bisogna innanzitutto predisporre strumenti e politiche di controllo più efficaci. Troppe opere pubbliche non vengono completate o vedono tempi eccessivamente lunghi di costruzione. Vuol dire che molte cose non vanno. Non basta aumentare i finanziamenti per accelerare i lavori: si devono potenziare i controlli per capire cosa frena e chi se ne avvantaggia. Di certo non i cittadini, piuttosto i gruppi criminali che riescono a gestire alcuni appalti e il mercato delle forniture. Bisogna essere chiari e netti: non si può permettere che ogni appalto si spezzetti in più subappalti. La proposta che ho già lanciato è quella di arrivare ad una stazione unica appaltante e di aumentare i controlli, a partire da un imperativo per le amministrazioni pubbliche: allontanare tutti quei funzionari corrotti che hanno favorito clan e cosche criminali nelle gare. Si devono favorire e premiare quelle imprese virtuose che decidono di lavorare nel rispetto della legge. Come pure vanno tutelati tutti quegli imprenditori onesti che intraprendono una durissima battaglia per dire di no a chi chiede loro il pizzo. La politica non deve lasciarli soli, deve essere vicina alle associazioni antiracket che fanno un lavoro prezioso e faticoso. Molto è stato fatto in questi ultimi tempi dal Ministero dell’Interno, ma non ci si deve fermare, se è vero che i dati ci dicono che in alcune città la quasi totalità dei commercianti paga e solo una minoranza denuncia, per paura o peggio perché è la normalità. Ma deve essere chiaro che la sfida non è solo del Sud e nel Sud. Bisogna guardare anche agli interessi e alle attività che le mafie gestiscono nel resto del Paese e fuori dall’Italia. Per questo si devono attivare tutti quegli strumenti che riescano ad intercettare le operazioni finanziarie e quella fitta rete di intermediari e prestanome che costituiscono un’inquietante zona grigia di difficile identificazione. Si devono potenziare le collaborazioni con organi d’indagine e di polizia su tutto il territorio nazionale, oltre che con gli altri paesi europei, per rendere la sfida alla criminalità organizzata un obiettivo globale, come globale sono diventati i suoi interessi. E poi i mezzi, tutti gli strumenti necessari: non si può più accettare che in un paese civile che vuole sconfiggere la mafia, un procuratore della repubblica minacciato debba girare con una macchina vecchia che rischia di lasciarlo a piedi. Per colpire la criminalità organizzata si deve far sentire la presenza forte di uno Stato che le toglie ciò che ha ottenuto con la violenza e con il sopruso e lo restituisce alla collettività. Penso ai beni confiscati, al grande lavoro che associazioni, comitati e amministratori locali, spesso ostacolati da una eccessiva burocrazia, portano avanti per trasformare palazzi, ville, terreni appartenuti a boss della mafia in luoghi di studio, di assistenza e di cultura per i cittadini. Per questo sono d’accordo con la richiesta di costituire un’agenzia unica dei beni confiscati che garantisca che il bene sequestrato non torni mai più nelle mani della criminalità, ma diventi rapidamente un patrimonio e un’occasione di lavoro e arricchimento civile per tutti. La lotta contro la disoccupazione e il lavoro nero deve diventare un altro tassello importante in questa battaglia. Troppi ragazzi sono costretti a lasciare la loro terra per costruirsi un futuro onesto altrove. Dobbiamo ricostruire le garanzie affinché un ragazzo che è nato e cresciuto a Casal di Principe possa studiare e realizzarsi nel suo paese come uno che è nato e cresciuto in un’altra provincia d’Italia. Per questo bisogna potenziare le offerte formative e tutti i canali di accesso al mondo del lavoro. Abbattendo la morsa del clientelismo che troppo spesso fa credere ai giovani che si va avanti solo se si conosce il potente di turno e non grazie al merito e all’impegno. Troppi, poi, sono coloro che per sopravvivere sono costretti ad accettare lavori senza contratto, senza garanzie e rispetto dei diritti. Quella contro il lavoro nero è una lotta da potenziare, con l’aiuto delle forze sociali. La camorra non può e non deve diventare l’unica alternativa per garantirsi il futuro. Giancarlo Siani descriveva in uno dei suoi vivi ritratti della società napoletana, i “moschilli” i bambini che la camorra utilizzava per spacciare la droga: non possiamo permetterci che si continuino a considerare le energie migliori della nostra società manovalanza per la criminalità organizzata. Sin dalle scuole elementari si deve inserire l’educazione alla legalità nei programmi di studio, affinché si aiutino le nuove generazioni a crescere nel rispetto di regole condivise di convivenza civile. E poi il territorio deve essere valorizzato anche da un punto di vista ambientale: la lotta contro gli scempi che la criminalità organizzata compie su queste splendide coste deve vederci in prima linea con strumenti di controllo e contrasto all’abusivismo edilizio. Anche in questo campo ci sono associazioni che hanno fatto molto, con battaglie che dobbiamo continuare a sostenere. Non possiamo più far finta che i problemi non esistano se non quando avvengono eventi eclatanti come la strage di Duisburg. Un bambino che spaccia la droga o un commerciante che è costretto a pagare il pizzo per lavorare sono anch’essi fatti eclatanti. Non possono mai diventare qualcosa di “normale”. Le vittime della criminalità non possono essere vittime due volte, prima dei loro aggressori, poi dell’indifferenza. Nel silenzio la mafia vive e cresce. In un altro tempo, un uomo con un’altra storia e un’altra grande sfida da vincere, disse un giorno: “Ciò che mi impressiona non è il rumore dei malvagi, ma il silenzio degli onesti”. Quell’uomo si chiamava Martin Luther King, e la sua sfida, quella del suo popolo, l’ha vinta. Noi dobbiamo avere la stessa fiducia, la stessa determinazione nel rompere il silenzio, nel contrastare concretamente il male e nel costruire pazientemente una cultura della legalità. Abbiamo le risorse per farlo. Le ha il nostro Paese. Le ha il nostro popolo, gli italiani per bene, gli italiani onesti, che sono la grande maggioranza. Le hanno le istituzioni e gli uomini dello Stato. A sconfiggere la camorra e le mafie saremo tutti noi, insieme. Walter Veltroni (da il Mattino, 3 ottobre 2007)
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