Manciulli, adesso un avversario ce l´ha, una donna, Cristina Bandinelli. Che impressione le fa combattere con una donna?
«La parità è un bene, nella mia segreteria ci sono metà uomini e metà donne. Ma se c´è parità vera, che argomento è? Contano le idee. Io propongo di cambiare la Toscana, Veltroni di cambiare l´Italia. Cambiare i costumi, l´idea della politica. Se ci sono più proposte, meglio. Eppoi dal 15 ottobre staremo fianco a fianco a far crescere il partito democratico».
Lui si richiama a Veltroni, la Bandinelli a Rosy Bindi. Ieri Bandinelli ha lanciato su Repubblica qualche frecciata: troppi uomini di partito nelle liste per le primarie, io rappresento gli imprenditori e i volti di ogni giorno, cioè la società civile e non la nomenklatura.
Manciulli, uomo educato ma puntiglioso e talvolta focoso, non ci sta.
Replica con garbo, cioè evitando il batti e ribatti, ma affermando una proposta di cambiamento generale in cui chiama a decidere su questioni di fondo: modernità e innovazione, una nuova idea della politica dopo le deturpazioni recenti, un salto in avanti in cui politica e società civile ritrovino l´impegno al bene collettivo.
Manciulli lei è nomenclatura, anzi nomenklatura?
«Io sono uno storico che si è impegnato in politica. Sono partito da Piombino, dalle acciaierie di Piombino. Se la vita mi porterà a cambiare, farò lo storico. Ho 38 anni e mio padre, operaio delle acciaierie, mi ha fatto vedere che cos´è il lavoro. E che cosa significa fare un lavoro pensando al fine generale. Quanto alla nomenclatura e alle liste del Pd, una cosa mi è chiara: il partito democratico non nasce se non con una grande apertura, metà donne, metà uomini, giovani, cervelli. Un partito per il futuro, con persone che aggiungono la loro elaborazione alla elaborazione degli uomini di partito. L´adesione di Enzo Cheli rappresenta questo segnale, l´impegno per un nuovo progetto che tutti coinvolga. Un partito finalmente nazionale, perché se hai il 10% in Lombardia non cambi il paese, non puoi essere il partito delle riforme. Per quanto mi riguarda, io non sarò candidato capolista, ma verrò dopo una donna. E riconoscerò solo le liste che accetteranno il mio progetto. Aggiungo che per me la politica è spirito di servizio, vuol dire accettare il giudizio democratico degli elettori ».
Lei è il segretario regionale uscente dei Ds. Qual è il suo fine generale?
«Da almeno 15 anni la contrapposizione tra politica e società civile ha molto indebolito l´idea stessa della politica. Da noi, le cose vanno meglio ma la coesione ci spinge a cullarci un po´ troppo su quel che siamo stati, mentre sfide formidabili avanzano. Tendiamo all´appagamento, mentre abbiamo bisogno di infrastrutture, di welfare moderno, di risolvere il deficit di natalità. In chiave nazionale, Veltroni ha dato prova di essere la persona giusta per rilegittimare con le sue idee l´idea stessa della politica. E´ stato concreto come amministratore di Roma, ha lanciato messaggi di modernità alle nuove generazioni, ha puntato sulla contemporaneità. E´ lui l´uomo che darà l´impulso giusto al nuovo partito».
Bandinelli parla agli imprenditori. Lei?
«Voglio aiutare le imprese a crescere nella scala della competitività. Qui abbiamo tre grandi centri universitari, io punto sui cervelli, sulla conoscenza per fare di questa regione quanto hanno fatto Barcellona o Parigi o Londra con le loro aree di riferimento. Servono manager, tecnologie, intraprendenza. E serve modernizzazione: cioè cablaggio, rete, mobilità urbana moderna. Ma non parlo solo alle imprese, parlo anche al mondo del lavoro. Proprio per la sua storia, la Toscana si fa promotrice di un rilancio dell´idea del lavoro. Non si è "ganzi" solo se si ottiene un successo personale, sconfitti se "si va a lavorare". E´ l´armonia intorno al fine generale dello sviluppo del territorio tra chi lavora e chi investe, che dobbiamo rilanciare, è qui che nasce la progettualità positiva per il gran salto».
Che pensa dell´ordinanza sui lavavetri?
«Il tema della sicurezza è fondamentale per la sinistra. Un´anziana signora mi ha detto: fino a pochi anni fa potevo lasciare le chiavi nella porta, ora non più: e questo è un peggioramento. Non le do torto, l´insicurezza colpisce soprattutto i più umili. Non serve solo la repressione, ma rispetto delle leggi e politiche preventive. Città che funzionano meglio, che combattono il degrado, più illuminate, con i trasporti che fanno il loro dovere, sono città più sicure».
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