Lettera di Walter Veltroni - La Repubblica, 19 dicembre 2008
Caro Direttore, non so, se l'Italia odierna si possa definire meno laica rispetto a quella di quarant'anni fa. So che oggi vedo un Paese più moderno, dove i costumi e le relazioni tra le persone si informano a fondamentali principi di libertà, a un sostanziale rispetto dei diritti individuali e delle identità. So che nella vita quotidiana i rapporti tra gli individui, e non solo tra le giovani generazioni, non somigliano a quelli tipici della società italiana di quarant'anni fa, quando provincialismo, moralismo e anche una buona dose di bigottismo erano molto diffusi. Allora cominciarono avanguardie e movimenti a introdurre nell'agenda politica temi e conquiste che si imposero poi nella società. Oggi, come nel caso delle coppie di fatto richiamato dall'articolo di Mafai, è la politica ad essere chiamata a dare risposte legislative adeguate e moderne, in linea con il costume, il sentire diffuso, i cambiamenti della società. La politica deve riuscire a far questo, e il Parlamento è il luogo naturale dove confrontare i diversi convincimenti, le diverse idee e sensibilità che attraversano il Paese. Nell'unico modo possibile e in grado di condurre ad una soluzione il più possibile condivisa: in un clima di autentico rispetto, di dialogo vero, di consapevolezza che su temi come questi, che riguardano anche i dettami della coscienza, si sgomberi davvero il terreno da integralismi e fondamentalismi, e si possa serenamente affermare il basilare principio della laicità. Laicità delle istituzioni repubblicane, laicità dei comportamenti e delle posizioni individuali, tanto più preziosa quando si affrontano i complessi nodi delle questioni eticamente sensibili. E c'è l'occasione del dibattito sui CUS, che ritengo siano un'ottima base su cui insieme riflettere. A Roma, dove l'altro giorno il Consiglio Comunale non è riuscito ad approvare nessun atto sul tema delle "Unioni civili", è successo il contrario. Ma ad essere sconfitto, vorrei dire a Miriam, non è stato il Partito democratico, che anzi, tutto insieme, ha cercato di offrire, attraverso un ordine del giorno coraggioso ed equilibrato, un terreno di confronto avanzato, serio e rispettoso di tutte le sensibilità. La sconfitta è stata un'altra. Vittima di integralismi e forzature di vario genere è stata la possibilità (reale) di far sì che la città di Roma chiedesse a voce alta al Parlamento di dare una risposta adeguata e moderna alle aspettative di tanta parte della società, impegnandosi, dal canto suo, a rafforzare tutti gli strumenti già esistenti (a legislazione vigente) contro le discriminazioni e per la tutela dei diritti delle persone, con il criterio della "famiglia anagrafica". A Roma, in questi anni e senza proclami, i diritti sono stati tutelati e rafforzati (con strumenti come questo che le attuali leggi consentono ai Comuni) a favore di nuclei familiari di fatto su aspetti fondamentali nella vita delle persone: le domanda per alloggi popolari, le graduatorie per gli asili nido, alcuni servizi per anziani. Sulle due delibere di iniziativa popolare e consiliare, la cui eventuale approvazione non avrebbe avuto nient'altro che un mero valore simbolico, senza poter migliorare di una virgola la condizione di vita delle coppie di fatto, non c'era una maggioranza sicura e comunque il loro contenuto era legittimo ma discutibile e non da tutti condiviso. Per questo il gruppo del Pd aveva presentato il suo ordine del giorno, che aveva esattamente lo scopo di non lasciare afasica su questo tema l'Aula Giulio Cesare. Non mi stupisce l'atteggiamento ostile della destra, che tranne alcune eccezioni ha dimostrato poca sensibilità su temi che riguardano la vita delle persone e la lotta ad ogni discriminazione. Comprendo meno, sinceramente, gli interventi letti sul settimanale allegato al quotidiano "Avvenire", contrari alla presentazione dell'ordine del giorno. Rispetto le opinioni e le sensibilità di tutti, ritengo non solo legittimi mafecondi per la politicainterventi e pronunciamenti della Chiesa, ma l'autonomia e la laicità dello Stato e delle istituzioni non possono essere messi in discussione. E comprendoancora meno, con altrettanta sincerità, il comportamento dei gruppiconsiliaridella sinistra radicale, chefacendo mancare il loro voto favorevole, hanno impedito l'approvazione dell'ordine del giorno presentato dal Partito democratico. O forse riesco a comprenderlo in un'ottica molto più piccola rispetto ai temi in discussione, alla luce di dichiarazioni di esponenti di questa areapiù legate a questioni di politica nazionale che al merito della cosa. La questione delle Unioni civili, insomma, come una bandiera da agitare, come un pretesto per obiettivi lontani dalle esigenze di civiltà affermate. In questo senso dovrebbe far riflettere anche la scarsa partecipazione di cittadini alla manifestazione convocata dai promotori delle delibere. Per questo dico che ad essere sconfitto nonè stato il Pd, che anzi in un passaggio così delicato ha dimostrato intelligente compattezza, senso di responsabilità e autentica laicità. Quella laicitàche lacittà diRoma vuole tutelare. E che l'approvazione del documento proposto avrebbe appunto contribuito a tutelare, lungo la linea tracciata con chiarezza in questi anni. Non so se quarant'anni fa sarebbe stato possibile dedicare una via ad omosessuali vittime di violenza e pregiudizi omofobi o se un'Amministrazione Comunale si sarebbe costituita parte civile a favore di queste vittime. E non so se si sarebbero dati i patrocini dell'Assessorato alle pari opportunità all'annuale appuntamento di Piazza Farnese. Questo, a Roma, accade e continuerà ad accadere, senza bisogno di brandire le armi dell'intolleranza o dell'integralismo, procedendo con i soli strumenti possibili ed efficaci: quelli del libero ascolto, del civile dialogo, del laico confronto che nasce dal rispetto del ruolo delle istituzioni e dei convincimenti di tutti e di ciascuno.
Caro Direttore, non so, se l'Italia odierna si possa definire meno laica rispetto a quella di quarant'anni fa. So che oggi vedo un Paese più moderno, dove i costumi e le relazioni tra le persone si informano a fondamentali principi di libertà, a un sostanziale rispetto dei diritti individuali e delle identità. So che nella vita quotidiana i rapporti tra gli individui, e non solo tra le giovani generazioni, non somigliano a quelli tipici della società italiana di quarant'anni fa, quando provincialismo, moralismo e anche una buona dose di bigottismo erano molto diffusi. Allora cominciarono avanguardie e movimenti a introdurre nell'agenda politica temi e conquiste che si imposero poi nella società. Oggi, come nel caso delle coppie di fatto richiamato dall'articolo di Mafai, è la politica ad essere chiamata a dare risposte legislative adeguate e moderne, in linea con il costume, il sentire diffuso, i cambiamenti della società. La politica deve riuscire a far questo, e il Parlamento è il luogo naturale dove confrontare i diversi convincimenti, le diverse idee e sensibilità che attraversano il Paese. Nell'unico modo possibile e in grado di condurre ad una soluzione il più possibile condivisa: in un clima di autentico rispetto, di dialogo vero, di consapevolezza che su temi come questi, che riguardano anche i dettami della coscienza, si sgomberi davvero il terreno da integralismi e fondamentalismi, e si possa serenamente affermare il basilare principio della laicità. Laicità delle istituzioni repubblicane, laicità dei comportamenti e delle posizioni individuali, tanto più preziosa quando si affrontano i complessi nodi delle questioni eticamente sensibili. E c'è l'occasione del dibattito sui CUS, che ritengo siano un'ottima base su cui insieme riflettere. A Roma, dove l'altro giorno il Consiglio Comunale non è riuscito ad approvare nessun atto sul tema delle "Unioni civili", è successo il contrario. Ma ad essere sconfitto, vorrei dire a Miriam, non è stato il Partito democratico, che anzi, tutto insieme, ha cercato di offrire, attraverso un ordine del giorno coraggioso ed equilibrato, un terreno di confronto avanzato, serio e rispettoso di tutte le sensibilità. La sconfitta è stata un'altra. Vittima di integralismi e forzature di vario genere è stata la possibilità (reale) di far sì che la città di Roma chiedesse a voce alta al Parlamento di dare una risposta adeguata e moderna alle aspettative di tanta parte della società, impegnandosi, dal canto suo, a rafforzare tutti gli strumenti già esistenti (a legislazione vigente) contro le discriminazioni e per la tutela dei diritti delle persone, con il criterio della "famiglia anagrafica". A Roma, in questi anni e senza proclami, i diritti sono stati tutelati e rafforzati (con strumenti come questo che le attuali leggi consentono ai Comuni) a favore di nuclei familiari di fatto su aspetti fondamentali nella vita delle persone: le domanda per alloggi popolari, le graduatorie per gli asili nido, alcuni servizi per anziani. Sulle due delibere di iniziativa popolare e consiliare, la cui eventuale approvazione non avrebbe avuto nient'altro che un mero valore simbolico, senza poter migliorare di una virgola la condizione di vita delle coppie di fatto, non c'era una maggioranza sicura e comunque il loro contenuto era legittimo ma discutibile e non da tutti condiviso. Per questo il gruppo del Pd aveva presentato il suo ordine del giorno, che aveva esattamente lo scopo di non lasciare afasica su questo tema l'Aula Giulio Cesare. Non mi stupisce l'atteggiamento ostile della destra, che tranne alcune eccezioni ha dimostrato poca sensibilità su temi che riguardano la vita delle persone e la lotta ad ogni discriminazione. Comprendo meno, sinceramente, gli interventi letti sul settimanale allegato al quotidiano "Avvenire", contrari alla presentazione dell'ordine del giorno. Rispetto le opinioni e le sensibilità di tutti, ritengo non solo legittimi mafecondi per la politicainterventi e pronunciamenti della Chiesa, ma l'autonomia e la laicità dello Stato e delle istituzioni non possono essere messi in discussione. E comprendoancora meno, con altrettanta sincerità, il comportamento dei gruppiconsiliaridella sinistra radicale, chefacendo mancare il loro voto favorevole, hanno impedito l'approvazione dell'ordine del giorno presentato dal Partito democratico. O forse riesco a comprenderlo in un'ottica molto più piccola rispetto ai temi in discussione, alla luce di dichiarazioni di esponenti di questa areapiù legate a questioni di politica nazionale che al merito della cosa. La questione delle Unioni civili, insomma, come una bandiera da agitare, come un pretesto per obiettivi lontani dalle esigenze di civiltà affermate. In questo senso dovrebbe far riflettere anche la scarsa partecipazione di cittadini alla manifestazione convocata dai promotori delle delibere. Per questo dico che ad essere sconfitto nonè stato il Pd, che anzi in un passaggio così delicato ha dimostrato intelligente compattezza, senso di responsabilità e autentica laicità. Quella laicitàche lacittà diRoma vuole tutelare. E che l'approvazione del documento proposto avrebbe appunto contribuito a tutelare, lungo la linea tracciata con chiarezza in questi anni. Non so se quarant'anni fa sarebbe stato possibile dedicare una via ad omosessuali vittime di violenza e pregiudizi omofobi o se un'Amministrazione Comunale si sarebbe costituita parte civile a favore di queste vittime. E non so se si sarebbero dati i patrocini dell'Assessorato alle pari opportunità all'annuale appuntamento di Piazza Farnese. Questo, a Roma, accade e continuerà ad accadere, senza bisogno di brandire le armi dell'intolleranza o dell'integralismo, procedendo con i soli strumenti possibili ed efficaci: quelli del libero ascolto, del civile dialogo, del laico confronto che nasce dal rispetto del ruolo delle istituzioni e dei convincimenti di tutti e di ciascuno.
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